L’intervallo
Leonardo Di Costanzo arriva alla "finzione" dopo una lunga esperienza di documentarista. Il passaggio è morbido, lento, un gioco sul confine che sperimenta il nuovo con tutta l’esperienza del vecchio da tenere a mente, da spargere sull’avventura. Del documentarista sono lo sguardo, l’attenzione alla vita dei protagonisti, alle loro parole, all’ambiente da questi calpestato e vissuto, al loro mondo. L’intervallo, scritto in italiano dal regista con Maurizio Braucci e Mariangela Barbanente, e recitato in napoletano stretto dai protagonisti, con tanto di sottotitoli, nasce da un lungo lavoro sugli attori, che attori non sono, o comunque non erano prima del film. Due adolescenti di Napoli nella vita, almeno fino ad oggi, un fruttivendolo ed una studentessa di scuola media superiore. Regista e sceneggiatori li hanno scelti in mezzo a un mucchio di coetanei, ed hanno speso con loro tempo ed attenzione incontrando i loro luoghi, quel mondo che diventa lo spazio di un film tenue e sospeso, il quale, pur riportando alla mente grandi sguardi d’autore del cinema italiano, da Rossellini a Bertolucci, è forte di un’originalità sorprendente, di una freschezza contemporanea e di una notevole forza espressiva. Che va ad irrobustire un fragile solco segnato da altro recente cinema italiano di confine, L’estate di Giacomo, per esempio, di Alessandro Comodin, ma non solo. L’intervallo - da venerdì 7 settembre anche nelle sale italiane, andatelo a vedere! -affronta una realtà dolorosa, ogni volta difficile da credere eppure profondamente e terribilmente vera, quella che il cinema italiano su Napoli e dintorni ci ha mostrato a lungo in questi anni, da prima, con e dopo Gomorra. Ci vengono in mente film diversi eppure accomunati dallo stesso tema, Tatanka di Giuseppe Gagliardi, Una vita tranquilla di Claudio Cupellini, La-bas Educazione criminale di Guido Lombardi. Ma L’intervallo racconta lo stesso territorio e le stesse sue piaghe criminali in modo nuovo, tenendo quella realtà del tutto ai margini di un’esile dolcezza. Lasciando che incomba e prema su un attimo di vuoto poetico, sopra una pausa selvatica, sopra un fiore di campo cresciuto tra la ruggine e l’abbandono. Se solo lasciassero spazio vitale al bello, a quella natura fisica e mentale così atrocemente calpestata, viene da pensare, si espanderebbe da sè senza bisogno di cura o lavoro. Basterebbe quella libertà che nel film sboccia all’improvviso, per un attimo di distrazione o leggerezza. Da subito sotto pressione, resiste per una giornata, fino a che la forza invincibile arrivi a dire basta, il gioco è finito, e quei respiri e quegli embrioni di nuove idee e possibilità di spengano sotto il frastuono di uno scooter da Camorra, sulla luce accecante dei suoi fari e nel buio tutt’attorno, della violenza e della sopraffazione. La storia, raccontata con macchina a spalla e fotografata con preziosa semplicità dal maestro Luca Bigazzi, ci parla di Veronica e Salvatore, segregati in un ex ospedale psichiatrico dal potere criminale che regola il territorio del capoluogo campano. Lei deve scontare una disobbedienza al clan; lui, strappato dalla sua umile giornata di lavoro, ha l’obbligo di sorvegliarla. Staranno insieme una giornata intera, più aspettando che cercando un’impossibile via di fuga. Cogliendo spontaneamente l’occasione, in un sottile e trattenuto crescendo di fiducia, di percorrere un giorno speciale, un intervallo, appunto, così particolare da poter esser letto anche allontanandosi da un luogo preciso, da quella Napoli dove una storia così estrema non solo è credibile, ma è persino realistica.
(L’intervallo) Regia: Leonardo Di Costanzo; Sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Mariangela Barbanente, Maurizio Braucci; Montaggio: Carlotta Cristiani; Fotografia: Luca Bigazzi; Interpreti: Salvatore Ruocco, Francesca Riso, Alessio Gallo, Carmine Paternoster, Antonio Buil Puejo, Jean Ives Morard; Produzione: Rai Cinema, in collaborazione con Amka Films Productions, RTSI Televisione Svizzera, ZDF, ARTE France; Carlo Cresto Dina e Tiziana Cerutti Soudani; Produttore associato: Alberto Pezzotta; Distribuzione: Cinecittà Luce; origine: Italia; durata: 86’.