L’oro di Cuba - Venezia 66 - Fuori concorso

Non esiste una singola realtà né un modo oggettivo per raccontarla. Questo è un assunto da tener sempre presente quando si approccia alla visione di un documentario. Lo è ancor di più se il film in questione è un racconto di matrice politica, come nel caso de L’oro di Cuba di Giuliano Montaldo.
Cinquant’anni di rivoluzione cubana, cinquant’anni da quando, il primo gennaio 1959, i rivoluzionari guidati da Fidel Castro misero in fuga il dittatore Fulgentio Batista. Da allora il sogno di costruire una società egualitaria basata sui principi del comunismo marxista non si è mai spento. Scuola, sport, salute, informazione, cinema, cultura tutto a Cuba è ispirato dagli ideali di Karl Marx. La faccia dell’arcipelago dei Caraibi mostrata da Montaldo è proprio questa, quella di un bel sogno in cui la parte migliore, utopica, del comunismo ha trionfato sulle angherie, i soprusi, le ingiustizie degli Stati Uniti. Attraverso il racconto della storia, dall’attacco alla base militare di Moncada nel 1953 al tentativo di invasione dei 1.511 esuli cubani alla Baia dei Porci nel 1961, dalla crisi dei missili del 1962 alla visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1998, Montaldo ripercorre le tappe fondamentali della rivoluzione cubana, fino a mostrarci ciò che oggi è Cuba: l’unica rivoluzione comunista vittoriosa. L’incipit della pellicola racchiude il significato stesso del film. Mentre uno ad uno i tentativi di rivoluzione nei paesi dell’Europa dell’est furono soffocati nel sangue, a Cuba quella rivoluzione è ancora viva nei cuori dei suoi abitanti così come negli atti di chi la governa. La carrellata di Montaldo sulla Cuba contemporanea ci porta così a visitare gli stadi di baseball, sport nazionale molto amato dallo stesso Castro, gli ospedali, pubblici e all’avanguardia nella ricerca contro la tubercolosi e le malattie infettive, la scuola di cinematografia, legata a doppio filo con il nostro centro sperimentale di Roma e frequentata da migliaia di studenti da tutto il mondo. Montaldo ci porta a conoscere questo popolo così fiero nella sua ideologia, orgoglioso nonostante le sofferenze e le difficoltà provocate dall’embargo. Ci mostra i suoi miti, il suo pantheon: Fidel Castro, Che Guevara, le loro immagini, i loro slogan che riecheggiano e rimbombano da un capo all’altro de L’Havana, idolatrati come santi combattenti e salvatori. Una sola domanda scalfisce appena l’immagine perfetta di questa Cuba e del suo leader: “Fidel Castro sarà perdonato dalla storia?”
Non esiste una singola realtà né un modo oggettivo per raccontarla. Per questo, l’unico modo per avvicinarsi è quello di sentire più opinioni possibile, conoscere i punti di vista più disparati, confrontarsi con tutte le posizioni. E’ del tutto evidente che questo Oro di Cuba tracci un ritratto dell’arcipelago dei Caraibi e di Fidel Castro parziale e personale. Restano fuori campo i problemi sociali, la povertà, il dramma di coloro che cercano la fuga da questo paradiso verso le coste della Florida. Finanche nei piccoli microcosmi messi in scena da Montaldo esistono, in fondo, esempi del lato più buio del sogno comunista. Come non ricordare i drammi di tutti quegli sportivi, costretti a fuggire dal proprio paese e ora esuli forzati, lontani dalla propria terra? In tutta questa parzialità, o forse proprio per questo, L’oro di Cuba resta però un film onesto, che mostra, quasi spudoratamente, il proprio punto di vista. Troppo spesso prodotti propagandistici, ipocriti, vengono spacciati per documentari, mentendo e tradendo la fiducia dello spettatore. Meglio dunque una verità di parte, schierata, che una realtà volutamente fittizia, costruita, manipolata. D’altronde “solo lo stolto dice: questa è la verità”.
(Id.); Regia: Giuliano Montaldo; produzione: Rai Cinema S.p.A. e Fidia Film S.r.l.; distribuzione: Rai Cinema S.p.A.; origine: Italia 2009; durata: 74’
