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La notte non aspetta

Pubblicato il 30 giugno 2008 da Marco Di Cesare


La notte non aspetta

Il detective Tom Ludlow (Keanu Reeves), protagonista de La notte non aspetta, dibattendosi nei problemi causati dalla ricerca della Verità, giunge ad affermare che «Non sapere fa soffrire». Lui, il duro della polizia di Los Angeles che ha perso la moglie – anche se noi non lo vedremo - abbandonata morente di fronte a un ospedale da un amante occasionale; quel Ludlow cui il medico legale non ha permesso di poter risalire all’identità del vigliacco, perché ’giustizia non significa vendetta’. Il Tom nero, eroe dai modi spicci, amante della vodka e assai inviso al suo ex-compagno Terrence Washington, afroamericano che difende i diritti delle minoranze, uomo onesto che vorrebbe fare pulizia di quelli come Ludlow, da lui considerato come un assassino razzista, totalmente ignaro della fondamentale importanza ricoperta dalla legalità e dal giusto procedimento penale. Ma proprio quando il mass-mediatico eroe del popolo cercherà di dare una lezione al suo ex-collega, questi verrà brutalmente ucciso sotto i suoi occhi. E allora per Ludlow si spalancheranno le porte dell’inferno, mentre vagherà alla ricerca della Verità che riguarda lui, la sua squadra d’azione (l’Ad Vice, un’unità specializzata del LAPD) e Jack Wander (Forest Whitaker), il capo che è stato come un padre e che sempre lo ha difeso contro tutto e tutti: in particolare, ora, contro il capitano James Biggs degli affari interni (Hugh Laurie, il Dr. House televisivo).
Si preannunciava alquanto interessante l’incontro tra David Ayer e James Ellroy (il cui soggetto originale è alla base del film), losangelini entrambi interessati al cuore nero delle cose: uno dei maestri del noir letterario, già ispiratore per molti registi americani lungo l’ultimo decennio (basti pensare a Black Dahlia e a L.A. Confidential) e il giovane sceneggiatore di Training Day e Indagini sporche – Dark Blue (tratto proprio dal primo soggetto di Ellroy scritto appositamente per il cinema, nel 2002, legato alle vicende di Rodney King avvenute dieci anni prima) regista esordiente con l’interessante Harsh Times – I giorni dell’odio, opera che, nonostante alcuni difetti, è apparsa comunque assai personale e capace di restituire la sofferenza estrema che come un virus infettava la vita del giovane Jim Luther Davis - anche grazie alla sentita interpretazione di Christian Bale - relitto alla ricerca di una sicurezza del tutto effimera, perché irraggiungibile. Mentre il bel titolo - duro e lirico allo stesso tempo - scelto dai distributori italiani per questo nuovo film, sottintendeva l’ineluttabile avanzare delle tenebre nel cuore del protagonista, l’originale Street Kings intendeva esplorare, invece, solamente il lato più propriamente dominante - se non addirittura predatorio - insito nelle vite di questo tipo di poliziotti, a Los Angeles come, forse, nell’America intera. A questo punto verrebbe da pensare che il titolo in inglese sarebbe stato comunque più adatto a definire la realtà vista all’opera lungo il film anche se, magari, i due autori avevano intenzioni ben diverse, soprattutto per quanto riguardava l’indagine psicologica sui personaggi. Ma il lavoro di Ayer e di Ellroy non è sembrato amalgamarsi per bene: conati di violenza, improvvisa e disturbante, e scene d’azione anche interessanti, talmente ripetute, però, da intaccare la resa delle interiorità dei personaggi; di questa situazione ne ha fatto le spese anche l’intreccio, che avrebbe voluto unire poliziesco e detective story, attraverso una sempre maggiore complicatezza dell’ordito e continui cambiamenti di fronte, significativo inferno per chi si vede sfuggire di mano qualsiasi apparenza di verità.
In fondo La notte non aspetta è apparso come un gioco un po’ fine a se stesso, fin troppo dominato dalle logiche sovrane del genere, che hanno soffocato la riuscita del tutto: e se nei dialoghi fa spesso capolino una certa suadente ironia che dovrebbe anche maggiormente disvelare tale gioco, la troppa prevedibilità delle azioni non riesce a far vivere veramente l’opera, riuscendo altresì ad appiattire le interpretazioni del cast. Tanto che non si riesce a sentire veramente e non si riesce a partecipare alla presunta sofferenza di Tom Ludlow, anche per colpa di Keanu Reeves, qui assai poco convincente. Il risultato è un’opera del tutto impersonale, l’opposto di Harsh Times, film col quale quest’ultimo, tra l’altro, potrebbe formare un dittico: la violenza di un ex-soldato che vuol diventare poliziotto contro la brutalità di un poliziotto che ha sempre agito come un soldato. Peccato, però, che la mancanza di coraggio da parte dei realizzatori abbia tolto pregnanza al discorso che sarebbe così andato a completarsi.
Epperò una particolare nota di merito è da ascrivere al lavoro compiuto da Gabriel Beristáin, già autore della luce del Caravaggio secondo Jarman, e qui creatore di una Los Angeles dove il giorno serve solo a illuminare le tensioni, mai a rischiararle, mente la notte non sembra voler attendere il proprio turno.


CAST & CREDITS

(Street Kings); Regia: David Ayer; soggetto: James Ellroy; sceneggiatura: James Ellroy, Kurt Wimmer e Jamie Moss; fotografia: Gabriel Beristáin; montaggio: Jeffrey Ford; musica: Graeme Revell; interpreti: Keanu Reeves (Detective Tom Ludlow), Forest Whitaker (Capitano Jack Wander), Hugh Laurie (Capitano James Biggs), Chris Evans (Detective Paul Diskant), Terry Crews (Detective Terrence Washington), Naomie Harris (Linda Washington); produzione: Regency Enterprises, Yari Film Group (YFG), 3 Arts Entertainment, Emmett/Furla Films, Millennium Films; distribuzione: 20th Century Fox Italia; origine: U.S.A. 2008; durata: 107’; web info: sito ufficiale.


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