La Vita Possibile
La sensazione è che nell’ultimo film di De Matteo manchi l’attenzione maniacale al dettaglio. Quel lavoro sui dialoghi, sia come scrittura che come recitazione, che in passato ha fatto la differenza. Non si avverte quel pedinamento del reale poi accuratamente trasformato in pagina e in immagini precise e robuste. Stavolta è come se il tema si mangiasse il resto, paradossalmente, nonostante rimanga tutto (o quasi) fuori dall’inquadratura. Come se l’importanza, la forza e la popolarità dell’argomento toccato avessero un po’ impigrito gli autori, se li avessero parzialmente appagati in partenza, e quindi, quello sforzo superiore riscontrabile nei precedenti film di De Matteo, soprattutto La bella gente e Gli equilibristi, non fosse qui, come dire, vitale.
L’argomento è la violenza sulle donne, e se il regista e Valentina Ferlan - sua fedele sceneggiatrice e compagna nella vita - hanno avuto la bella intuizione di partire dal primo giorno di una sana e salvifica fuga femminile dall’orrore domestico, c’è qualcosa, nel personaggio di Anna interpretato da Margherita Buy, e in quelli che le girano attorno, di poco approfondito. Pochi sono i momenti davvero rubati alla vita, quegli intercalari del vivere o quei potenti istanti di svolta che fanno piombare lo spettatore dentro una storia davvero credibile e vera, e quindi dentro un buonissimo film. Quando Anna e Carla, l’amica torinese interpretata da Valeria Golino, si concedono una pausa dal mondo sul divano di casa, lì, ecco, si ha la sensazione che i personaggi stiano per sbocciare, che possano aprirsi, farci sentire le loro emozioni e con queste traghettare in platea, in modo assai efficace, un tema così enorme e delicato. Poi rimane qualche riflessione interessante sulla paura di chi fugge, sui sensi di colpa della vittima, sulla solitudine inevitabile di chi ha appena deciso di mettersi il buio alle spalle. Rimane una sequenza madre che riporta all’improvviso dentro la delicatezza del tema, uomo donna violenza, quel sesso a pagamento in auto tutto il contrario dell’amore, brutale e squallido, contrastato dalle parole morbide di Jovanotti: "come due innamorati.." Rimane, finalmente, avvicinandosi al finale, un buon momento di regia, ossigenante, quando una mongolfiera simbolicamente si alza nel cielo autunnale e finalmente limpido della città. Sarà che De Matteo ci ha abituati bene, ma troppi sono i momenti dal sapore di rispettosissima, lineare ma didascalica compilazione del compito, con alcuni snodi e personaggi che odorano eccessivamente di fiction, vedi la molestia che Anna subisce dal regista amico di Carla così come l’intervento dell’oste buono, maltrattato dalla sorte e quindi solo al mondo, interpretato dal bravo Bruno Todeschini. Anche Valerio, il figlio di Anna, ottimamente incarnato dal giovanissimo Andrea Vittorino, manca di quei chiaroscuri adolescenziali e di qualche momento di autentica, normale, brutta, sana ed attuale bruttezza che pure sono la vita di noi tutti.
De Matteo, con cura ossessiva e preziosa, ha raccontato fino ad oggi il male che può annidarsi dentro una cosa bella come la famiglia o l’essere umano in generale, ma è come se, toccando adesso materia e personaggi positivi (il rialzarsi dopo un dramma familiare grazie alla solidarietà tra umani) avesse deciso di non inserire dentro le creature nessun aspetto ombroso o fastidioso. E il realismo intenso tipico del suo cinema ne fa un po’ le spese.
(La vita possibile); Regia: Ivano De Matteo; sceneggiatura: Valentina Ferlan, Ivano De Matteo; fotografia: Duccio Cimatti; montaggio: Marco Spoletini; musica: Francesco Cerasi; interpreti: Margherita Buy, Valeria Golino, Andrea Pittorino, Bruno Todeschini; produzione: MARCO POCCIONI, MARCO VALSANIA PER RODEO DRIVE, BARBARY FILMS, CON RAI CINEMA; distribuzione: TEODORA FILM; origine: Italia, 2016; durata: 100’;