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LE LUCI DELLA SERA

Pubblicato il 23 maggio 2006 da Alessia Spagnoli


LE LUCI DELLA SERA

Kaurismäki torna a deliziare occhi e spirito con la sua ultima opera, ennesimo gioiello di un filone già estremamente prezioso.
Le Luci della Sera (titolo italiano, mentre quello internazionale è Lights in the Dusk) costituisce un ulteriore tassello del lungo, rarefatto racconto sull’Assurdo da parte dell’autore finlandese.
Il protagonista (Janne Hyytiäinen, la cui interpretazione è davvero notevole) che subisce passivamente gli eventi senza capirli, figuriamoci opporglisi, è "scritto" con grande ispirazione: anche qui la narrazione è al solito però speziata da una buona dose di humour, o meglio, gelida ironia "alla Jarmush" e da uno spiccato gusto per il non-sense.
Il suo Koistinen presta servizio come guardia giurata presso un ipermercato di Helsinki: si tratta evidentemente di una delle professioni più alienanti che possiate immaginare. Come Travis Bickle è uno che "vive" (nel suo caso per modo di dire!) di notte: ma la capitale finlandese non presenta di certo i tratti infermali caratteristici di New York e le luci che la illuminano sono fredde, livide, non lasciando intravedere possibilità alcuna di incontri destinati a scompigliare l’esistenza. Come di consueto, in Kaurismäki, ci si riscalda soprattutto attraverso il "fuoco" della musica, mentre perfino l’amore, fassbinderianamente, diventa "più freddo della morte".
Koistinen è solo come un cane. La sua mimica facciale difatti ricorda piuttosto da vicino quella che gergalmente viene attribuita al "cane bastonato". "Quello è fedele come un cane!" tuona il suo "grande nemico". E non a caso, l’unico essere per cui si batte è proprio un cane tenuto legato per ore fuori da un locale mentre i suoi padroni se la spassano all’interno, incuranti del suo malessere.
L’uomo ha pure la sfortuna di innamorarsi e perdersi per una donna che lo inganna ripetutamente: situazioni e atmosfere vengono schizzate con il consueto gusto finissimo per il particolare buffo, da cui traspare però anche il disagio quasi fisico dei suoi personaggi tragicamente inadeguati ad affrontare la vita con tutte le sue illusiorie scappatoie.
Koistinen comincia ad andare al cinema e ai concerti rock, solo quando nella sua vita irrompe "inaspettatamente" una bella e misteriosa donna (quanta crudeltà in questo!), che apre una breccia nel suo muro di silenzio. Anche qui è interessante operare un confronto tra l’ironico e disilluso approccio tra i due e l’appassionata "arringa introduttiva" di De Niro alla Shepherd, sempre nel capolavoro scorsesiano. In Luci della Sera la recitazione è straniata e risulta oltremodo spiazzante seguire gli sviluppi di una relazione amorosa tra due protagonisti che non si guardano mai negli occhi...
Kaurismäki cuce attorno al suo protagonista il film assemblando tempi morti o lasciando fuori-campo alcune scene-madri.
I fan del più celebre regista finlandese ritroveranno le consuete atmosfere rarefatte e i frammenti di dialogo surreale caratteristici del Nostro. Pochissimi ambienti, numero esiguo di personaggi, trama appena accennata: uno fra i più ispirati cineasti nordeuropei è da sempre abituato a girare e produrre i suoi film facendo affidamento su un budget estremamente risicato, riuscendo così a sopravvirere sul mercato, tenendo poi insieme i suoi film "leggeri" quasi miracolosamente, con una grazia che ha pochi eguali nel panorama cinematografico planetario.
Impagabili quei momenti di sospensione dal racconto, di vero e proprio "stacco musicale" dal tenuo filo conduttore della trama principale dalla quale, secondo Kaurismäki ci si può agevolemente svincolare in qualsiasi momento.
Il volto spento di Koistinen è una maschera che attraversa il film e che nega una reale immedesimazione con gli eventi che gli capitano. Quando, per una volta, si abbandona allo scherzo, non accenna neppure per un secondo al sorriso, un pò alla Buster Keaton. Ma nelle opere del celebre comico americano non c’è mai autentica crudeltà: mentre ve ne è in quell’altro grande autore omaggiato esplicitamente fin nel titolo e citato perfino in colonna sonora (con quel tripudio di archi). Proprio nel segno del Chaplin di Luci della Città avviene la chiusa ambigua, che rinnova quel "sentimento del sublime" che, Kant docet, arriva a commuovere.

(Laitakaupungin valot) Regia: Aki Kaurismäki; soggetto e sceneggiatura: Aki Kaurismäki; fotografia: Timo Salminen; montaggio: Aki Kaurismäki; costumi: Outi Harjupatana; interpreti: Janne Hyytiäinen (Koistinen), Maria Heiskanen (Aila), Maria Järvenhelmi (Mirja); produzione: Aki Kaurismäki per SPUTNIK OY; origine: Finlandia 2006; durata: 80’


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