Roma 2015 - Girls Lost - Selezione ufficiale
Girls lost di Alexandra-Therese Keininig è un film inutilmente dark che tratta in chiave fantasy il tema di identità di genere (già abbondantemente visto all’ultimo festival di Venezia con The Danish girl, di Tom Hooper, e molto felicemente nell’opera prima di Carlo Lavagna, Arianna.
Tre ragazzine svedesi quattordicenni, Kim, Momo e Bella, stanno sempre insieme, condividono interessi comuni, giardinaggio, travestimenti, musica diversa da quella prediletta dai loro coetanei. Vestono in maniera maschile, non danno peso all’estetica per piacere, vivono una androginia premestruale. A scuola vengono messe al bando, prese di mira con atti di bullismo, definite "lesbiche" o "troie", tramite insulti opposti dovuti a comuni confusioni adolescenziali. Le ragazze vivono molto la natura circostante, boschi, prati, una serra dove piantare semi di diverse specie che si fanno mandare per posta. Nel pacco, oltre le fioriture richieste, arriva un grande bulbo senza nome. Le ragazze si impegnano a piantarlo con amore, mescolando il terriccio con le mani come in un atto rituale di iniziazione. Nell’arco di una sola notte sboccia una pianta rigogliosa, nera, dal fiore spugnoso tipo pianta carnivora. Ingurgitare stille provenienti dal bocciolo trasforma le ragazze in ragazzi, per alcune ore, dalla sera alla mattina, senza che loro abbiano alcuna possibilità di interferire nel processo. A Kim, forse la più infelice nella sua crisalide femminile, la cosa piace fino quasi ad impazzire, alle altre due meno: spaventate, scelgono di non ripetere l’esperienza.
Musica strumentale banalmente usata per accrescere la suspence. Sovrabbondanza di carrellate lentissime, rallentate, a simbolo del tempo che si dilata su questi corpi in fieri: corse in bicicletta all’alba a ralenti, al tramonto a ralenti, fughe a piedi nudi nel bosco di notte a ralenti, visioni lisergiche onirico-incubesche di parti del corpo che trasudano, si gonfiano, si espandono, molecole fluorescenti che ricordano spermatozoi, cellule al microscopio, farfalle nere, caleidoscopi a ralenti. Molto scritto, così tanto da essere prevedibile quasi scena per scena.
Sono lesbiche davvero? Sono uomini dentro? Cos’è questa pianta che produce effetti dirompenti di tale portata? Cosa ci vuol dire questa storia? Dove andremo a finire?
Troppi simboli, troppi fiori, troppi luoghi comuni mal sciolti. Le direzioni intraprese dalla sceneggiatura sono prevedibili, lì, a portata di mano. La regia volutamente noir, spinta verso un soft horror di seconda classe, non esce mai da binari prestabiliti, non stupisce, annoia. Le atmosfere scure supportate da musica techno fanno pensare più a un videoclip di una band nordica in cerca di successo che a una pellicola da proporre a un festival internazionale.
(Pojkarna); Regia: Alexandra-Therese Keininig; sceneggiatura: Alexandra-Therese Keininig; fotografia: Ragna Jorming; montaggio: nome del o dei montatori(separati da virgola); musica: Sophia Ersson; interpreti: Tuva Jagell, Emrik Öhlander, Louise Nyvall, Alexander Gustavsson, Wilma Holmén, Vilgot Ostwald Vesterlund, Mandus Berg, Adam Dahlgren, Filip Vester; produzione: Helena Wirenhed, Olle Wirenhed; origine: Svezia, 2015; durata: 104’