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Matei Child Miner

Pubblicato il 28 giugno 2013 da Giovanna Branca


Matei Child Miner

Quando un film ha come protagonista un bambino che si affaccia sull’adolescenza il riferimento universale è sempre I 400 colpi. Il capolavoro di Truffaut ha stabilito le regole una volta per tutte: il dramma di scoprire il proprio posto in un mondo di adulti bigotti che frustrano la vitalità infantile, l’insofferenza nei confronti dell’autorità e l’ansia della scoperta, la linea d’ombra che separa l’infanzia dalle responsabilità che vengono con la crescita.
Anche se Matei Child Miner della rumena Alexandra Galea ha un’ambientazione completamente diversa rispetto a I 400 colpi – la provincia rumena contemporanea, una situazione di partenza assai più dura per un giovane protagonista lasciato dalla madre, che lavora in Italia, a vivere con il nonno – il piccolo Matei che dà il nome al film non può che far pensare ad Antoine Doinel. Del resto la stessa struttura del film ricalca, citandola con deferenza, quella dell’opera di Truffaut: i problemi a scuola, la fuga da casa, l’istituto in cui viene rinchiuso alla morte del nonno e lo stesso dialogo con la direttrice/psicologa, omaggio questo del tutto palese al capolavoro del regista francese.
Matei vive dunque col nonno, che pur amandolo tantissimo non sa come rapportarsi all’indisciplinatezza del nipote. La sua passione sono gli insetti, l’entomologia, e quando viene sospeso a scuola per aver imbrattato la macchina della preside fugge alla volta del museo di storia naturale.
Al suo ritorno, giorni dopo, trova il nonno morente – passaggio questo poco chiaro, come altri nel film: sta morendo a causa del dolore causatogli dalla fuga del nipote? – e, ritrovatosi solo, deve aspettare che la madre venga a prenderlo dall’Italia, che forse però non è il destino che desidera.
Memore anche della dolcezza di Dov’è la casa del mio amico? Di Kiarostami, Matei incarna una purezza e soprattutto una fragilità che stenta ad essere riconosciuta e protetta dal mondo – sia degli adulti che dei coetanei – che lo circonda. Dovrà varcare il confine verso l’inizio dell’età adulta da solo e trovare una guida, oltre che nell’amato nonno, solo nel custode del museo naturale dove si svolge la sua simbolica scoperta di sé.
Certo, il risvolto simbolico di Matei Child Miner non può che essere diverso da quello di I 400 colpi: non siamo nella Francia che di lì a poco vedrà esplodere la Nouvelle Vague, la rivolta contro i padri (non solo cinematografici) di cui Antoine Doinel è vessillo e iniziatore. Ma la vitalità del cinema rumeno contemporaneo non può che essere legata a qualche sommovimento nelle viscere della società che lo produce, lasciando presagire un senso di cambiamento. Molto più povera e meno inscritta nella modernità della Francia di allora, la Romania, con personaggi come Matei, guarda comunque con fierezza alla proprie radici ed al proprio futuro.


CAST & CREDITS

(Matei Copil Miner) Regia: Alexandra Gulea; sceneggiatura: Alexandra Gulea; fotografia: Reinhold Verschneider; montaggio: Bruno Tracq; musica: Stéphane Caro; interpreti: Alexandru Czuli, Remus Margineanu, Claudiu Ababei, Izidor Sorin-Karanja; produzione: Europolis Film; origine: Romania, Grmania, Francia; durata: 80’.


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