Piccola patria
Qui il legame privilegiato che percepiamo è con il dialetto, che sin da subito conquista le nostre sinapsi e ci caratterizza i personaggi in quadro. Sonorità che graffiano la sensibilità di una comunità senza punti di riferimento, incazzata e incazzosa; un porto franco dove tutto ha perso equilibrio, raziocinio. La lingua diventa sfogo istintivo ridotto a far fuoriuscire un quadro preoccupante senza speranze.
Siamo nel profondo nord-est del Veneto e tanti personaggi entrano ed escono dall’immagine sbattendoci in faccia la loro storia drammatica. Si parla dialetto stretto, tra manifestazioni politiche inneggianti possibili secessioni e giochi sessuali ricattatori, industrie alienanti e cani randagi, roulotte minuscole e macchine rubate ritrovate sul ciglio della strada. Il quadro è preoccupante visto che scopriamo adulti in preda a perversioni di vario tipo, famiglie sull’orlo di una crisi di nervi, adolescenti sbandati e stranieri perseguitati dal razzismo. Il destino sembra ineluttabile in questo valzer nordico in cui nessuno riesce più a “respirare”; si alternano varie tipologie di ripresa e i primi piani concedono un angolo di riflessione solo allo spettatore, visto che i protagonisti sono in balìa della loro stessa condizione e non ragionano più.
Un film corale, con tanti personaggi che all’inizio apparecchiano sul tavolo delle buonissime premesse. L’estetica è di livello, con un formalismo mai banale e un lavoro sul colore, alternante tonalità verdi, grigie e nere, che fa emergere la buona cifra tecnica del regista/documentarista Alessandro Rossetto. Tuttavia l’interessante partenza, che ci porta a fantasticare sulla risoluzione degli intrighi e dei ricatti sessuali in salsa “sghei” o su una presa di posizione da parte del regista in tema di razzismo, non è suffragata a dovere dalla seconda parte. L’intreccio si sfilaccia, Rossetto si fa prendere la mano dilatando eccessivamente la narrazione e ciò che potrebbe essere raccontato in ottanta minuti sfiora viceversa le due ore. Resta la forza del dialetto ma, a conti fatti, c’è un po’ di amaro in bocca e la sensazione di un’occasione quasi persa.
(Piccola Patria); Regia: Alessandro Rossetto; fotografia: Daniel Mazza; montaggio: Jacopo Quadri;; interpreti: Vladimir Doda, Maria Roveran, Roberta Da Soller; produzione: Arsenali Medicei, Jump Cut; origine: Italia, 2013; durata: 110’;