Roma 2008 - A corte do norte - Cinema 2008
Il nuovo film di Joao Botelho è un’opera strana, per certi versi difficile per altri sin troppo autoriale. E’ un lavoro sospeso tra la necessità di dare una forte impronta formale all’opera e la scelta di un’opera letteraria di Augustina Bessa Luis come base drammatica. E’ un film realizzato in Digitale HD, alta definizione che, come afferma Botelho, riesce a proporre su schermo più fedelmente quel chiaroscuro pittorico di cui è un grande fan. Una scelta stilistica che, però, è alla base anche di una certa debolezza del film stesso.
Ana Moreira è la musa di questo film: in lei si incarnano ben sei personaggi femminili, donne d’una stessa famiglia che attraversano i decenni, portando con loro una forte dose di sfortuna, pazzia e rapporti intricati quanto burrascosi con coloro che le circondano. Sono donne legate alla corte do norte (letteralmente tenuta del nord, una specie di casa di campagna), un possedimento familiare situato sulle scogliere di Madeira, isola portoghese al largo delle continente.
Mettiamo ora meglio a fuoco questi tre elementi che formano il film: il digitale HD, Ana Moreira e i suoi alter ego e Madeira. Possiamo effettivamente dire che siano questi i tre nuclei sui quali il film si dipana, tre elementi estremamente diversi tra di loro che si pongono su tre layer sovrapposti tra loro a formare l’immagine nel suo complesso.
Partiamo dall’isola di Madeira: essa è un personaggio a parte. Sempre presente, a volte anche troppo, l’isola è in perenne conflitto con la Moreria, tanto con i suoi personaggi che con l’attrice stessa a cui in alcuni momenti sembra voler rubare il palcoscenico. E’ un personaggio aggiunto, un’attrice aggiunta (si parla qui di isola e di natura) che diventa elemento diegetico dell’intero "castello" meta-storico/meta-personaggio imbastito da Botelho. Un castello al cui interno muove i suoi passi (a volte distanti decenni tra di loro) Ana Moreira, nei vari ruoli che sono Sissi, Rosalina, Emília de Sousa, Águeda e Rosamunde: donne di epoche diverse a cui la Moreira, con la sua presenza costante, regala una continuità totale. Una continuità che è anche garantita da un quadro: parliamo qui di Giuditta e Oloferne di Caravaggio, chiave di lettura principale del film probabilmente. In questo quadro il pittore italiano rappresenta l’episodio biblico della decapitazione del re assiro Oloferne da parte della vedova ebraica Giuditta, che voleva salvare il proprio popolo dalla dominazione straniera: una situazione che non è difficile ritrovare simbolicamente anche in diversi personaggi di Ana Moreira. Questa di Caravaggio non è comunque la sola tela a cui Botelho si rifà nel suo film, la più evidente è sicuramente quella de "La morte di Marat" di Jacques-Louis David, che ritroviamo nel momento in cui il padre (negli anni’60) di Ana Moreira viene ritrovato privo di vita nella sua vasca da bagno.
Ma cosa lega queste due tele tra di loro all’interno del film? Una cosa principalmente: la luce. Il quadro di David richiama lo stile caravaggesco, uno stile che, attraverso un uso di taglio dell’illuminazione, evidenzia la cruda realtà delle cose e dei personaggi. Caravaggio e David dunque, ma anche Botelho. E qui ritorniamo al digitale HD e al chiaroscuro: più volte abbiamo sentito affermare al regista portoghese che la scelta del digitale come forma espressiva fosse dovuto ad una necessità primaria, quella di trasporre in ottica filmica lo stile caravaggesco dei chiaroscuri. Se si pensa all’affermazione precedente è una scelta sicuramente azzeccata: si parlava di realtà di cose e personaggi, ebbene, cosa più dell’alta definizione sottolinea la realtà di uomini e oggetti, il loro essere materiale, le loro imperfezioni e le loro peculiarità? La scelta del digitale definisce quindi questa idea, portandola a ricoprire un ruolo primario in tutta la pellicola. Aiutata ovviamente anche da un uso delle luci a metà strada tra il caravaggesco ed il teatrale.
Un film dalle diverse anime, quindi, ma soprattutto un film pieno di spunti riflessivi. Purtroppo, non un film pienamente riuscito: le idee di base, buone quanto intelligenti, trovano sì posto sullo shcermo cinematografico ma nel contempo estraniano lo spettatore dalla visione, che diventa quasi una assuefazione all’immagine pittorico-cinematografica piuttosto che al film completo in sè e alle sue tematiche. Un film che rimane a metà strda ma che comunque non ci sentiamo di condannare totalmente. Un film da vedere e su cui ragionare... dopo aver preso almeno un paio di caffè.
(id.); Regia: Joao Botelho; sceneggiatura: da un romanzo di Augustina Bessa Luis, Joao Botelho e Josè Alvaro Morais; fotografia: Joao Ribeiro; montaggio: Joao Braz; interpreti: Ana Moreira (Sissi, Rosalina, Emília de Sousa, Águeda, Rosamund), Ricardo Aibéo (João Sanha), Rogério Samora (João de Barros), Laura Soveral (D. Matilde), João Ricardo (Gaspar de Barros); produzione:Antonio da Cunha Telles, Pandora da Cunha Telles; origine: Portogallo, 2008; durata: 122’