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Roma 2008 - Cliente - Concorso

Pubblicato il 26 ottobre 2008 da Marco Di Cesare


Roma 2008 - Cliente - Concorso

Chissà se Cliente, lungo il viaggio da Roma alle sale cinematografiche italiana, riceverà mai le parole di elogio e gli applausi che meriterebbe più di ogni altra cosa, appartenendo senz’altro a quello sparuto novero di film che hanno reso almeno un po’ significativo un Festival altrimenti impresentabile.
Comincia con classe e garbo, l’incontro tra la cinquantenne Judith (Nathalie Baye) e il giovane Patrick (Eric Caravaca). E continua con passione dentro una macchina. Termina, poi, con il passaggio di soldi, tanti soldi, che dalle mani di lei si dirigono verso quelle di lui. E l’introduzione del film si chiude con una volgarità sempre maggiore, e forse ancora più spiazzante: quella del testo di una canzone rap sul sesso a pagamento che Patrick ascolta a tutto volume come se fosse il manifesto della sua vita, mentre si affretta nell’andare verso una doccia calda che possa permettergli di tornare alla normalità della povertà che condivide con la dolce moglie Fanny (Isabelle Carré) e con la famiglia di lei. Soprattutto Patrick torna dalle persone che lo conoscono attraverso il suo vero nome: Marco. Tutte persone che Marco foraggia con quel denaro, compresa la mogliettina e il suo sogno di comprare il salone di bellezza nel quale lavora. In fondo, però, almeno nei film può accadere che il primo incontro non si scordi mai: così la nostra attenzione si poserà anche su Judith, televenditrice di successo e single dopo un doloroso divorzio, che ora ama la libertà e l’innocente ’vizio’ dei gigolò. Vizio del quale è a conoscenza solo la sorella Irène (Josiane Balasko, l’autrice del film). E al primo incontro tra i due ne seguiranno altri. Quando Fanny scoprirà la verità, Marco smetterà di vendersi. Ma, poco a poco, il soldi finiranno, E Fanny spingerà il congiunto a tornare alla sua lucrosa attività. E a ritrovare Judith.
Con coraggio, anticomformistica ironia e con varie stilettate di puro dolore la Balasko (che ricordiamo per il divertente - ma poco più - Peccato che sia femmina, datato 1995) analizza una tematica che potrebbe benissimo risultare scabrosa. E nelle sue mani quella che dai primi fotogrammi sarebbe sembrata una normale commedia francese, diviene uno strano e straordinario film, restio a qualsiasi catalogazione, come accade solamente nel caso del miglior cinema. Nella pellicola tutto è all’insegna della dualità, come è doppia l’esistenza di chi conduce una vita nascosta. Ad esempio, la fotografia in testa a questo articolo, si fa notare per l’assenza di una dualità di corpi, lasciando però ben notare la contrapposizione tra il vestito nero e lo sfondo dominato dal bianco, entrambi sintesi della condizione di doversi trovare da una parte o dall’altra: poli lontani, ognuno dei quali rappresenta una solitudine diversa. Poli che si scambiano il posto che sarebbe considerato ’normale’ di diritto: donne ricche che forse amano uomini che sono amati da donne che divengono dei papponi. Dualità che si esprime visivamente attraverso l’ingresso in campi degli strumenti dell’audiovisivo: la videocamera dalla quale la sorella diciottenne di Fanny non si separa mai, occhio vitreo che filma e filma con mano tremolante, senza mai riuscire in fondo a coglierla, quella stramaledetta chimera chiamata Verità, riuscendo solamente a spiarla come da dietro una porta, come origliando da dietro una parete. Un obiettivo che è una superficie attraversata da un’immagine, così come il monitor del computer grazie al quale Judith potrà vedere la sorella che è andata lontano, in America, assieme al suo amato indiano dalla pelle rossa, raggiungendo finalmente la felicità dopo aver tanto peregrinato fino ad approdare alla mezza età. Mezza età che è l’età di mezzo che si trova tra due fuochi: quello della giovinezza piena di speranza e quello della vecchiaia che potrebbe metterci paura con la solitudine che ci prospetta.
Sarebbe un errore di profonda superficialità pensare che il finale di Cliente possa definirsi come un ritorno alla normalità: perché di quale normalità si può mai parlare, quando ci troviamo di fronte alla straordinarietà rappresentata da una delle migliori commedie degli ultimi anni?


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Josiane Balasko; sceneggiatura: Josiane Balasko (tratta dal suo romanzo omonimo); fotografia: Robert Alazraki; montaggio: Claudine Merlin e Marie de la Selle; musica: Kore; interpreti: Nathalie Baye (Judith), Eric Caravaca (Marco), Isabelle Carré (Fanny), Josiane Balasko (Irène), Catherine Hiegel (Maggy); produzione: LGM Films, Josy Films, Gaumont e France 3 Cinema; origine: Francia, 2008; durata: 104’.


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