Rosso Malpelo

Confrontarsi con la letteratura per un cineasta è operazione sempre rischiosa e difficile. Il cinema non può nascondere né corrompere il suo linguaggio, ma al contempo deve mostrarsi rispettoso delle peculiarità che un testo, di qualsiasi genere esso sia, possiede. Verga è noto per essere il maggiore esponente della letteratura verista ma Scimeca deve essere partito dall’analisi di quel destino, contro cui tutti possiamo dirci vinti, che sempre anima le pagine dello scrittore catanese e che lo rende “un grande tragico – sono le parole del regista – prima ancora che un verista”.
Partendo da qui si può leggere lo sforzo ed il lavoro di Scimeca nel portare sullo schermo una delle novelle più famose e forse più complesse di Giovanni Verga, Rosso Malpelo. Solo intuendo il rispetto per i due diversi universi d’arte (cinematografico e letterario) si può apprezzare una trasposizione che è al contempo analisi e rilettura dell’opera originaria.
È giusto, anche se fin troppo facile, abusare di termini come realismo quando si parla del cinema di Scimeca. Sarebbe meglio abbandonare per un attimo il reale, inteso come categoria, per privilegiarne i singoli elementi. Ci si accorgerebbe senza grosse difficoltà di un uso della luce privo di retorica, declinata secondo principi semantici rigorosi e mai propagandistici, lo studio dei volti, quelli semplici e scarni di attori non professionisti e quelli più forti e drammatici di interpreti che ormai Scimeca conosce e da cui riesce a tirare fuori il meglio, come Marcello Mazzarella, Vincenzo Albanese ed un grande Franco Scaldati. Ci si renderebbe conto di un modo di girare pellicole ormai lontano dalle linee guida italiane, in grado di evocare nei suoi prodotti migliori (Placido Rizzotto e Briganti di Zabut su tutti) spirali Pasoliniane così come la volontà (e qui il nome di Rosi è più che lecito farlo) di restituire al cinematografo un ruolo che sembra avere perso, quello di motore e rigeneratore sociale.
Il film è, infatti, parte di un progetto triennale che consiste nel garantire almeno a mille bambini boliviani l’abbandono di una condizione di schiavitù e la garanzia di diritti fondamentali quali, tra gli altri, la copertura sanitaria e l’istruzione (il progetto è interamente illustrato all’interno del sito del film).
Il valore della pellicola risiede, tra le altre, in questa capacità di suscitare riflessioni, di mettere a confronto un’opera che le regole del mercato e della distribuzione metteranno probabilmente ai margini (da oggi e per tutta la settimana il film sarà proiettato nelle scuole di 15 città italiane nell’ambito della Settimana Rosso Malpelo per la solidarietà in occasione della Giornata Mondiale per i diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza) con altre sicuramente più forti dal punto di vista produttivo ma forse, per tematica e costruzione, di assai diverso impatto.
Scimeca realizza così un film “cattivo”, duro da digerire ma che certo non evapora, e accade sempre più di rado, al riaccendersi delle luci in sala.
(Rosso Malpelo) Regia: Pasquale Scimeca; soggetto: Tratto dall’omonima novella di Giovanni Verga sceneggiatura: Pasquale Scimeca, Nannella Buonaiuto; fotografia: Duccio Cimatti; montaggio: Babak Karimi; musica: Miriam Meghnagi; scenografia: Paolo Previti; costumi: Grazia Colombini; interpreti: Antonio Ciurca (Rosso Malpelo), Omar Noto (Ranocchio), Marcello Mazzarella (Mastru Misciu), Vincenzo Albanese (Zio Mommu), Franco Scaldati (Mendicante), Melino Imparato (Mendicante), Gaspare Cucinella (Mendicante), Lucia Sardo (Nonna), Raffaella Esposito (Santina), Alessandra Lenza (Annetta); produzione: Arbash Società Cooperativa, Ente Parco Minerario di Floristella Grottacalda, Por Sicilia; origine: Italia; durata: 90’.
