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Saw V

Pubblicato il 5 dicembre 2008 da Marco Di Cesare


Saw V

Sembra apparire più che altro come una ricerca di una nuova identità, questo Saw V, ennesima tessera di un puzzle che non vuol conoscere fine, episodio che, almeno rispetto al terzo e al quarto, dona un maggior senso di (in)completezza e (in)compiutezza all’intera saga. Saga che probabilmente passerà alla storia come il più audace (?) esempio di sfruttamento commerciale di una sola idea e di una sola figura, di un mostro che è un killer seriale imprigionato in una serialità televisiva - quella odierna di Lost, ma senza la sua genialità - dove tasselli su tasselli si vanno ad aggiungere l’uno all’altro, inframezzando la narrazione e lasciando che questa progredisca molto lentamente, donando una certa confusione all’insieme e divenendo essi stessi il vero discorso. Ma di sicuro la serialità di Saw non ha eguali nella storia dell’horror, soprattutto in quanto a velocità di esecuzione e, sembra, di incassi: cinque film in appena quattro anni, in attesa del sesto brano, tutto all’insegna di una ingordigia sempre molto attuale. La lievissima e continua variazione su di un tema dato diviene esempio di cinema di genere e B-Movie dei nostri tempi, ormai incanalatosi nella corrente mainstream, ma che mantiene sempre una peculiarità di opera a basso costo che riesce a far ampiamente rientrare la produzione dei pochi soldi spesi, potendo comunque contare su di uno zoccolo duro di pubblico sparso sulla superficie del globo.
La ricerca di una nuova identità appare la meta dell’esistenza del detective Mark Hoffman, rimasto ormai l’unico a portare avanti l’eredità dell’Enigmista, del quale in passato ha preso le sembianze per commettere un omicidio, uno solo, con scopi puramente personali. Ma la sua vita cambierà dopo un successivo e vibrante incontro con quello che diventerà il suo Maestro. Hoffman, da tutti considerato come un eroe per essere sfuggito alle grinfie del mostro, attirerà i sospetti dell’agente Strahm, dovendo così escogitare un piano per liberasi di quest’ultimo. Nel mentre, un gruppo di malcapitati dovrà vedersela con alcune ingegnose macchinazioni dell’ultimo torturatore delle coscienze e della loro dubbia moralità.
Alternarsi di passato e presente e di luoghi diversi e lontani che vanno comunque a congiungersi in un eterno ritorno dell’uguale: sono questi i segni distintivi dei film che sono succeduti all’episodio primigenio della saga, come a cercare di arieggiare – ma non troppo - il precedente ’qui e ora’, nonostante l’evidente condizione di prigionia in labirinti senza fine dove regna un presente continuo. Ma i novanta minuti di quest’ultima pellicola si fanno notare grazie a un certo equilibrio, tanto che la violenza non appare più come il cardine principale sul quale si regge l’intero costrutto. Anzi il risultato finale trova giovamento in una sceneggiatura più classicamente thriller, dove risalta la lotta a distanza tra le due facce della polizia e dove, per una volta, esistono macchinazioni mentali accanto alle solite macchine di tortura, astrazioni tra l’altro non direttamente collegate agli altri e più tangibili sadici meccanismi.
Purtroppo Saw V, al pari almeno dei precedenti due episodi, non sa stupire grazie alla forma puramente cinematografica, visto che la regia è comunque alquanto sciatta e inutilmente artificiosa: inquadrature sghembe, movimenti accelerati della mdp, in pratica l’abc del linguaggio cinematografico dell’horror, ma utilizzato senza infondervi alcuna anima. Sarà questa, probabilmente, l’unica identità che Saw non vorrà mai dismettere.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: David Hackl; sceneggiatura: Patrick Melton e Marcus Dunstan; fotografia: David A. Armstrong; montaggio: Kevin Greutert; musica: Charlie Clouser; interpreti: Tobin Bell (Enigmista/John), Costas Mandylor (Mark Hoffman), Scott Patterson (Agente Strahm), Betsy Russell (Jill); produzione: Twisted Pictures e Lionsgate; distribuzione: 01 Distribution; origine: USA, 2008; durata: 92’; web info: sito ufficiale.


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