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Araf. Somewhere in between

Pubblicato il 5 settembre 2012 da Luca Lardieri

VOTO:

Araf. Somewhere in between

Araf. Somewhere in between è la storia di una ragazza di diciotto anni, Zehra, che tra l’amore di un suo coetaneo, che ai suoi occhi non ha nulla da offrire, e la passione/fuga intravista nel fascino di un camionista di passaggio, decide di lasciarsi trasportare dalla seconda, sognando ad occhi aperti la possibilità di scappare da un limbo che la tiene aggrappata a metà strada tra routine e repressione. Decisione questa che la metterà a confronto con un problema più grande di lei.

La regista di Pandora’s Box, Yesim Ustaoglu, col quale vinse il festival di San Sebastian del 2008, mette in scena un film dalla doppia anima e dal doppio ritmo. Lungo i 124 minuti della durata della pellicola improvvisamente avviene qualcosa che spezza l’equilibrio del film fino ad allora faticosamente costruito e lo fa virare verso un finale denso e cupo allo stesso tempo che ha la grossa pecca di rovinare il tutto con gli ultimi quattro minuti che quasi sgretolano tutto il resto.
Nella prima parte, infatti, la regista resta distante dai personaggi che ci mostra ponendo sempre tra loro e l’obiettivo della macchina da presa il vetro della stazione di servizio dove lavorano i diciottenni Zehra e Olgun, le finestre delle abitazioni di tutti i protagonisti, il parabrezza e i finestrini del camionista che seduce la giovane ragazza. Primi piani lentissimi, in cui la storia non sembra avanzare mai, con la macchina da presa alla ricerca di quel qualcosa che divide le loro anime tra paradiso ed inferno lasciandole bloccate in un purgatorio incolore ed insapore. Lo spettatore assume il punto di vista della ragazza e con continui cambi di fuoco osserva il paesaggio, la pioggia e l’immagine riflessa della ragazza stessa. Nel momento in cui scopriamo che la ragazza è rimasta incinta il film e di conseguenza la regia cambiano completamente registro, aumentando il ritmo, rompendo tutte le superfici riflettenti e mostrando immagini forti che toccano nel profondo.

L’insofferenza, l’incertezza, il dolore sono tutte cose che affiorano repentine a spezzare l’estraniante messa in scena costruita fino a quel momento. L’interpretazione della bravissima e bellissima Neslihan Atagül, i suoi occhi limpidi ed espressivi raccontano tutto ciò che una sceneggiatura dai dialoghi asciutti tiene sapientemente fuori dal campo visivo. A interrompere tutto ciò, si abbatte come una scure un finale forzato verso un lieto fine inutile ed alquanto penalizzante che porta a rianalizzare in maniera superficiale tutto ciò fin lì raccontato. Che sia il caso di tornare al montaggio?


CAST & CREDITS

(Araf); Regia e sceneggiatura: Yesim Ustaoglu; fotografia: Michael Hammon; montaggio: Mathilde Muyard; Musiche: Marc Marder; interpreti: Neslihan Atagül, Baris Hacihan, Özcan Deniz, Nihal Yalcin, Yasemin Conka; produzione: Catherine Dussart Productions (CDP), The Match Factory; origine: Turchia, Francia e Germania 2012; durata: 124’.


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