X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Sorrow and Joy

Pubblicato il 12 novembre 2013 da Giammario Di Risio

VOTO:

Sorrow and Joy

Dal mare del nord scende, fredda e glaciale, la maledizione del senso di colpa. Trattasi di un vento gelido che avvolge case e strade, piombando deciso in una famiglia per portarsi via la più dolce e piccola creatura che possa esistere. I sonniferi e il litio non funzionano e la notte, da meravigliosa che poteva essere, diventa un continuo incubo; l’unica soluzione è tentare di esternare i sentimenti e i pensieri che tediano il cervello, quasi fossero una sciarpa che strozza il collo per lasciare senza respiro.

Danimarca. Johannes e Signe sono sposati e hanno un batuffolo di pochi mesi di nome Maria. Lui è un regista cinematografico affermato, stimato e sostenuto dall’intellighenzia, che gira il mondo, mentre lei fa l’insegnante. La nascita di Maria sembrerebbe aver risolto i problemi di Signe, affetta da una sindrome maniaco-depressiva, ma l’incomunicabilità e la gelosia faranno presto precipitare la situazione in un vortice tragico cui solo il tempo potrà apporre le dovute cicatrici.

L’inizio è in medias res e scopriamo, senza che ci venga mostrato, che Signe ha appena sgozzato con un coltello la piccola Maria. Da questo momento il viaggio, sostenuto da un montaggio alternato, è a ritroso e, grazie a Johannes che racconta il suo passato a uno psichiatra forense, diventiamo testimoni di un microcosmo guidato dal filo d’oro della malattia della donna. I due protagonisti si sono amati, si sono sposati e hanno voluto concepire una bambina, ma la nevrosi della donna è un filo sottile in continua tensione emotiva che guida e gestisce i personaggi. In una Danimarca costruita con le teorie della socialdemocrazia, emerge un microcosmo caratterizzato da un controllo spaventoso delle emozioni, visto che non si riesce a piangere nemmeno per la perdita di una figlia. Tutto è giocato sull’implosione, anche quando, come nel caso della gelosia di Signe nei confronti dell’ attrice quindicenne Iben, ci aspetteremmo un grido emotivo.

Movimenti di macchina lenti e continui campi e controcampi costruiscono una fotografia cruda, quanto vicina e sincera, delle dinamiche interpersonali in un paese da sempre percepito come baluardo di benessere, che in realtà ingabbia persone malate, frustrate, depresse. La luce da studio dentistico degli interni e le ombre minacciose che allungano la massa dei corpi, come nelle sequenze del funerale della piccola Maria o del coro di bambini guidato da Signe, estetizzano l’interiorità dei personaggi e la loro psiche contorta. Un film molto coraggioso, se pensiamo alla sua natura autobiografica e alla volontà del regista Malmros di raccontare , con la macchina da presa, una tragedia vissuta in prima persona. Buona la recitazione nonostante un’ultima parte troppo allungata, sbriciolata in continui tessuti informativi che potevano essere limitati.


CAST & CREDITS

(Sorrow and Joy); Regia: Nils Malmros; sceneggiatura: Nils Malmros, John Mogensen; fotografia: Jan Weincke; montaggio: Birger Moller Jensen; interpreti: Jakob Cedergren, Helle Fagralid, Nicolas Bro, Maya Dybboe; produzione: Nordisk Film Production; origine: Danimarca, 2013; durata: 107’;


Enregistrer au format PDF