Sorrow and Joy

Dal mare del nord scende, fredda e glaciale, la maledizione del senso di colpa. Trattasi di un vento gelido che avvolge case e strade, piombando deciso in una famiglia per portarsi via la più dolce e piccola creatura che possa esistere. I sonniferi e il litio non funzionano e la notte, da meravigliosa che poteva essere, diventa un continuo incubo; l’unica soluzione è tentare di esternare i sentimenti e i pensieri che tediano il cervello, quasi fossero una sciarpa che strozza il collo per lasciare senza respiro.
Danimarca. Johannes e Signe sono sposati e hanno un batuffolo di pochi mesi di nome Maria. Lui è un regista cinematografico affermato, stimato e sostenuto dall’intellighenzia, che gira il mondo, mentre lei fa l’insegnante. La nascita di Maria sembrerebbe aver risolto i problemi di Signe, affetta da una sindrome maniaco-depressiva, ma l’incomunicabilità e la gelosia faranno presto precipitare la situazione in un vortice tragico cui solo il tempo potrà apporre le dovute cicatrici.
L’inizio è in medias res e scopriamo, senza che ci venga mostrato, che Signe ha appena sgozzato con un coltello la piccola Maria. Da questo momento il viaggio, sostenuto da un montaggio alternato, è a ritroso e, grazie a Johannes che racconta il suo passato a uno psichiatra forense, diventiamo testimoni di un microcosmo guidato dal filo d’oro della malattia della donna. I due protagonisti si sono amati, si sono sposati e hanno voluto concepire una bambina, ma la nevrosi della donna è un filo sottile in continua tensione emotiva che guida e gestisce i personaggi. In una Danimarca costruita con le teorie della socialdemocrazia, emerge un microcosmo caratterizzato da un controllo spaventoso delle emozioni, visto che non si riesce a piangere nemmeno per la perdita di una figlia. Tutto è giocato sull’implosione, anche quando, come nel caso della gelosia di Signe nei confronti dell’ attrice quindicenne Iben, ci aspetteremmo un grido emotivo.
Movimenti di macchina lenti e continui campi e controcampi costruiscono una fotografia cruda, quanto vicina e sincera, delle dinamiche interpersonali in un paese da sempre percepito come baluardo di benessere, che in realtà ingabbia persone malate, frustrate, depresse. La luce da studio dentistico degli interni e le ombre minacciose che allungano la massa dei corpi, come nelle sequenze del funerale della piccola Maria o del coro di bambini guidato da Signe, estetizzano l’interiorità dei personaggi e la loro psiche contorta. Un film molto coraggioso, se pensiamo alla sua natura autobiografica e alla volontà del regista Malmros di raccontare , con la macchina da presa, una tragedia vissuta in prima persona. Buona la recitazione nonostante un’ultima parte troppo allungata, sbriciolata in continui tessuti informativi che potevano essere limitati.
(Sorrow and Joy); Regia: Nils Malmros; sceneggiatura: Nils Malmros, John Mogensen; fotografia: Jan Weincke; montaggio: Birger Moller Jensen; interpreti: Jakob Cedergren, Helle Fagralid, Nicolas Bro, Maya Dybboe; produzione: Nordisk Film Production; origine: Danimarca, 2013; durata: 107’;
