UNE PLACE PARMI LES VIVANTS
La storia, per quanto si possa usare questo termine per un film di Ruiz, è presto detta: un sedicente assassino assume, dietro più che lauto compenso, uno scrittore specializzato nella traduzione di romanzetti rosa perchè scriva la storia della sua vita. Tra i due non tarda a farsi strada un rapporto per certi versi speculare dal momento che le somiglianze spirituali (e accidentali: lo scrittore si chiama Ripper che, in inglese, vuol dire squartatore) non sono certo poche. Già da questi pochi elementi si vede bene come l’ultima pellicola del regista francese si ricolleghi con sottile filo rosso a tutti gli altri titoli della sua vasta filmografia. L’amore per una visione del fato umano ai limiti della predestinazione (che si nota soprattutto nella passione per i numeri che si ripetono come fossero scritti da un burattinaio chiamato a muovere le fila delle nostre esistenze), l’interesse quasi ossessivo per una visione estetico/esistenziale del delitto (un punto di comunione, questo, con un’altra pellicola sicuramente più compatta dell’autore come Genealogia di un crimine) e, sul piano più marcatamente stilistico, l’interesse per la destrutturazione dell’intreccio classico e la cura per un modo di raccontare con connotazioni quasi cubiste, fanno di quest’opera un prosieguo ideale di un discorso cominciatosi già molto tempo addietro che rivela una coerenza autoriale ai limiti della maniera. A ben vedere, poi, il tema dell’incontro predestinato (due individui le cui esistenze finiscono per combaciare perfettamente come le tessere di un puzzle ben più vasto) si adatta splendidamente alle atmosfere torbide e destabilizzanti del giallo e, in misura anche maggiore, del classico noir francese. Per questo motivo il gioco di scomposizione dell’impianto dell’intreccio (reso molto musicale dal costante ricorso di veri e propri flash-forward sonori) riesce più efficace a Ruiz in una pellicola, come questa, che gioca costantemente con le convenzioni del genere giallo. Il tema fondamentale del doppio (poi triplo, in un moltiplicamente speculare di tipica tradizione gialla) trova la sua espressione più convincente prima di tutto nella messe debordante di riferimenti letterari (resi ovvi dalla professione dello stesso protagonista) che pescano a piene mani nel contesto del romanzo esistenzialista e, in quello anche più affine del romanzo strutturalista. Il problema di questa pellicola non è tanto, quindi, da ricercarsi nell’idiscutibile valore di una messa in scena assai calibrata, quanto, piuttosto, nell’insistere del regista su uno stile che ormai, dopo anni, sembra avere quasi del tutto esaurito la sua funzione storica di rottura con le convenzioni. Ruiz ripete, con somma convinzione, cose che ha già detto e, in fondo poco conta che lo faccia con una sicura maestria formale. La frantumanzione del racconto va bene, ma, ci pare, che essa sia frutto più di un lavoro della mente che di una reale esigenza espressiva e i capolavori, si sa, nascono solo dalla sintesi di Ragione, Sentimento e Necessità.
[agosto 2003]
Cast & credits:
(Une place parmi les vivants) Regia: Raoul Ruiz.