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Uovo critico - Muta Imago e Antonio Audino

Pubblicato il 5 maggio 2008 da Luigi Coluccio


Uovo critico - Muta Imago e Antonio Audino

Roma, Kataklisma Teatro - Si conclude con un momento indagatore, interrogativo, la prima edizione di Uovo critico- serie di incontri tra critici e “nuova scena performativa” tenacemente voluti dal gruppo romano Kataklisma, nella cui sede, il raccolto Kataklisma Teatro, ha ospitato anche quasi tutti gli appuntamenti.
Gli aggettivi poco sopra sperperati rendono al meglio la cifra più intima ed esatta di quello che è stato l’incontro/scontro tra la compagnia dei Muta Imago- da noi ammirati al Teatro Palladium di Roma nel loro ultimo spettacolo, e recentemente intervistati- e il critico della serata, Antonio Audino -critico teatrale de «Il Sole 24 Ore» e docente di Metodologia e Critica dello Spettacolo all’Università di Roma Tor Vergata. Ma più che un incontro/scontro si è trattato di una speciale, rara, convergenza di intenti, idee, domande: la curiosità del critico nei confronti del fare teatro dei Muta Imago è divenuta ben presto la curiosità del pubblico; la tranche de théâtre presentata dal gruppo romano ha permesso uno sguardo interiore nel lavoro della compagnia, arrivando a realizzare uno degli intenti iniziali della manifestazione; infine, essendo l’ultimo appuntamento, ed assumendo il lavoro dei Muta Imago come la radicalizzazione estrema di quanto visto finora ad Uovo critico, si può coscientemente affermare che questo ottavo e conclusivo incontro sia stato la summa di quanto manifestatesi finora in ogni singola serata. Da queste direttrici estremamente contingenti si è dipanato quindi un incontro che ha visto nel tentativo di forzare il complesso meccanismo teatrale contemporaneo la sua ragion d’essere, la sua stessa giustificazione. Un atteggiamento indagatore, interrogativo -come scrivevamo nell’attacco del nostro pezzo-, che ha trovato consapevolmente nei Muta Imago degli inaspettati spiriti-guida pronti a guidarci nei meandri più tortuosi e avvolgenti della contemporaneità.
Un tavolo. Un microfono che scende dall’alto. Uno schermo su cui proiettare suoni e visioni. E Claudia Sorace , Riccardo Fazi, Massimo Troncanetti e Glen Blackhall –i primi tre componenti fissi della compagnia, il quarto loro abituale collaboratore dal 2006- a svelarci senza pudore, senza remore, la loro gestazione artistica.
Dopo il debutto del loro ultimo lavoro, Lev, la compagnia romana non era più tornata su questo spettacolo per circa un mese. Lo hanno fatto qui ad Uovo critico con quello che hanno chiamato 11 punti (su “Lev”) – Una lettura aperta, ponendo un’altra tacca su quel percorso di avvicinamento verso il pubblico tanto reclamato dalla stessa Claudia Sorace. Seduti attorno ad un tavolo hanno ripreso, letteralmente, in mano e in testa, la storia dell’uomo che perdeva continuamente la memoria per renderci partecipi di quel continuo processo di trasmutazione che è il loro avvicinarsi ed allontanarsi ad uno spettacolo, arrivando a far passare perfino più di un anno prima di “chiuderlo” definitivamente. E l’attenzione iniziale di Antonio Audino è stata rivolta proprio all’intimo processo di creazione, sottolineando come appaia davvero spiazzante vedere i componenti di un gruppo così radicato nella visione, nella macchina teatrale, seduti a tavolino a discutere della storia, del personaggio, delle motivazioni. E, aggiungiamo noi, è paradossale che la discussione verta sulla storia –qui il termine è assunto come consequenzialità di passato, presente e futuro, come diacronia pura- di un uomo che aveva a disposizione per sé stesso solo un effimero ma virtualmente infinito hic et nunc, un uomo che era puro essere...
Eppure ciò che viene fuori è, appunto, il fortissimo legame che sorprendentemente il gruppo chiede, ed ha, con la storia, con l’idea iniziale, con la ricerca interiore. Tanto da arrivare ad affermare che <<oggi, se non partissimo dalla storia, non riusciremmo ad approdare a nulla>>. La grande coerenza dimostrata in sede di teoresi viene traslata nella grande precisione scenica che ogni loro lavoro possiede, aspetto evidenziato e lodato da Audino a più riprese –il critico arriva perfino a sottolineare come questa grande pulizia teatrale riesca a fortificare l’intento originale, che è quello di <<raccontare una situazione>>, termine che è interscambiabile con quelli attigui di idea, storia, ricerca.
Il sincero mettersi a nudo dei Muta Imago nella serata di Uovo critico è incarnato dall’incapacità dell’attore-performer Glen Blackhall di riannodare i fili con l’oramai lontano Lev del Teatro Palladium, e da quanto detto da Riccardo Fazi sulle urgenze che muovono a ritornare sullo spettacolo: <<Forse non siamo ancora pronti per far parlare Lev>>. Ed è proprio riguardo l’uso e la presenza-assenza della parola che si è acceso il confronto emblematico che arriva a raffigurare tutto Uovo critico: la difficoltà dello spettatore di carpire il senso, e il segno, ultimo di uno spettacolo. Attraverso la diade parola/azione si arriva proprio a questo: ed è interessante quanto riportato da Graziano Graziani, quando afferma che la parola in Lev poteva fungere da “extra-testualità” per il pubblico, laddove il critico, attraverso le rassegne stampa, la conoscenza della compagnia, il dialogo privilegiato con gli attori e il regista, possiede già tutto ciò. Questo l’interrogativo, l’indagine, più pressante che questo incontro si porta dietro, e ci dona.

Il processo di trasmutazione dei Muta Imago continua.
E noi, per una sera, abbiam potuto toccare con la mano e con la mente tutto ciò. Arrivando, e ne siamo sicuri, ad imprimere la nostra effige teorica e corporale sulla loro imponente, sterminata, macchina teatrale...



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