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VENEZIA 63: MIENTRAS TANTO

Pubblicato il 4 settembre 2006 da Fabrizio Croce


VENEZIA 63: MIENTRAS TANTO

La prima inquadratura dell’ultima pellicola diretta dal cineasta argentino Diego Lerman, dal significativo titolo Nel frattempo, apre lo sguardo e carica le aspettative di venature inquietanti, minacciose, più in una chiave di nero presagio che di solare speranza: una donna dalla faccia torva, con il viso appena macchiato di rosso, immersa in un buio da cui emerge la sua contrariata espressione, illuminata da una fonte di luce proveniente da una direzione imprecisata, colta mentre sospira affannosamente dopo aver compiuto un’azione probabilmente terribile visto gli effetti sul suo volto. Stacco sul volto di un’altra donna che somiglia alla prima seppur molto diversa, concentrata a farsi leggere le carte da un chiromante insolitamente di sesso maschile, che le sta ponendo davanti questioni riguardanti l’amore, la famiglia, la vita e le piccole, dolorose scelte che essa comporta. Due momenti rivelatori, intensi, misteriosi che vengono sparati immediatamente all’inizio del racconto, prima ancora di averci dato la possibilità di afferrare le coordinate spaziali e temporali e prima ancora di aver compreso a chi appartengono i volti di quelle due donne. Da questo punto in poi, è come se Lerman partisse dal prendere alla rovescia il famoso aforisma di Francois Truffaut secondo cui il cinema sarebbe la vita senza le parti noiose. Il modo di guardare di Lerman muove dentro il lineare, infinito e ripetitivo arco di tempo che separa e unisce quelle due folgoranti inquadrature di donna, cercando di arrivare un attimo prima che scoppi la tragedia, che si rompa la routine quotidiana. Nulla di nuovo sotto il sole della vita di piccole, anonime persone della piccolissima borghesia argbentina: frustrazione e solitudine, struggente ricerca di un’identità definita in una realtà che stanca e invecchia precocemente, lo sbandamento di chi cerca l’amore anche nel silenzio e nella mediocrità: c’è chi non vuole seguire il marito in partenza per la Spagna alla ricerca di una sistemazione migliore e prova a inventarsi una vita migliore non accorgendosi di non potersi liberare dal legame perchè espressione del sua stessa personalità e risposta più convincente all’inquietudine e all’incertezza; c’è chi non possiede nulla se non corpo e cuore e viene imprigionata dalle esigenze degli altri, alienando la propria umanità e soffocando l’istinto che da liberatorio si fa esplosione di frustrazione e crudeltà (e sarà proprio questo personaggio a compiere l’insensato e brutale omicidio del cane della casa dove lavora come domestica muta e servile); ci sono poi gli uomini che non riescono a capire, ma stanno ad aspettare che tutto torni allo status quo, e l’attesa, il "Nel frattempo" è essenzialmente il loro, che lasciano al femminile vivere le passioni forti, rodendosi di gelosia, con aperture di generosità inconsuete per l’egoismo maschile (un marito sterile che vuole che la moglie resti incinta senza inseminazione artificiale le procura un uomo che possa relizzare questo desiderio), trasformando la rabbia repressa in momenti di muta condivisone e allegra intimità. Su tutto rimane la forte impronta stilistica che l’autore infonde a queste piccole storie di negazioni ed emozioni segrete, un realismo pacato con squarci di luce intense e confessioni sottopelle che sedimentano e acquisiscono valore con il tempo,più al termine della proiezione.

(Mintras tanto); Regia e sceneggiatura: Diego Lerman; fotografia: Jose Maria Pigù Gomez; montaggio: Alejandro Bodersohn; interpreti: Valeria Bertuccelli, Sergio Boris, Luis Herrera, Marilu Marini, Maria Merlino, Oscar Nunez; produzione: Daniel Burman, Diego Dubcovsky, Sebastian Ponce; origine: Argentina\Francia, 2006


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