X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



VENEZIA 63 - Mabei shang de fating (Courthouse on the Horseback)

Pubblicato il 12 settembre 2006 da Andrea Esposito


VENEZIA 63 - Mabei shang de fating (Courthouse on the Horseback)

Un po’ a sorpresa, l’esordio alla regia di Liu Jie ottiene il Premio Orizzonti della 63ma Mostra del Cinema di Venezia. Il giovane regista sceglie di raccontare una storia onesta e semplice, ambientata tra le montagne del sudovest della Cina: il giudice Feng, accompagnato dalla cancelliera Yang e il neolaureato Ah-Luo, viaggia tra i villaggi sperduti dalla provincia per risolvere piccole questioni di legge, le dispute minime e le controversie tra gli abitanti. Questo è l’ultimo viaggio del gruppo: a Yang toccherà il pensionamento; Ah-Luo, invece, che da Feng deve imparare il mestiere del giudice, farà ritorno in città dopo questa missione.
In compagnia di un vecchio cavallo, i tre percorrono le strade dimenticate e meno battute della regione, entrano nei piccoli villaggi e incontrano la popolazione. Ogni comunità ha la sua gente, la sua storia e le sue usanze, spesso difficili da comprendere. E in ogni villaggio c’è un’idea della legge profondamente distante da quella che il giudice e i suoi tentano di far attecchire. Il tema più interessante del film è forse appunto quest’incontro tra villaggio e Stato: da un lato le usanze, a tratti peculiari e difficili da comprendere, delle comunità che di volta in volta incontriamo; dall’altro lato la legge, un’idea remota come lo Stato che rappresenta, lontano dalle montagne e dagli uomini che a queste appartengono. Un’intensa fotografia naturalistica insiste continuamente su questi luoghi, assorbendone i colori e le luci; la montagna è come un richiamo persistente, un commento inamovibile - se non addirittura un silenzioso protagonista - della storia.

Sempre sul crinale di questa possibile incomprensione, tra etnico e statale, la giuria itinerante non oppone mai la forza del diritto alle ragioni degli uomini; in un mondo dove il furto di un cavallo può rappresentare un vero disastro, i tre si confrontano con situazioni difficilmente valutabili: una donna divorziata non riesce a capire perché deve abbandonare la casa del marito, un uomo vuole uccidere un cane perché ha dissotterrato le ossa dei suoi antenati... Il giudice usa sempre la ragionevolezza, instancabilmente, per raggiungere accordi, la ragionevolezza ancora prima del diritto. E proprio quando le incomprensioni tra i due mondi si fanno disarmanti e paradossali, le situazioni prendono a brillare di un’efficacissima comicità. Nonostante le buone battute e le situazioni comiche, il nucleo del film resta però drammatico: drammatiche sono le riflessioni sulla scomparsa dell’amico di Feng, ucciso dalla montagna (un’antica ferita, mai approfondita, sempre accennata), e più in generale tutte le cose non dette, che premono sotto la superficie della storia senza riuscire a venirne fuori. Così, Feng ama Yang da una vita, ma non riesce a dirglielo. E’ stato abbandonato dalla moglie e dalla figlia, e sta ora per perdere anche questa sua nuova famiglia. Ma non esprime mai questa sofferenza, che resta solo accennata, asserragliata nel non-detto; sempre nascosta, fagocitata dal dovere di cui Feng ha ben chiaro in testa il significato: il sacrificio di una vita, a cui ascrivere la propria esistenza.

Il film di Liu Jie ci restituisce l’immagine di un paese nascosto, l’altra faccia, millenaria, della Cina quotidianamente al centro dei nostri media. Tra questa provincia immutabile, perenne come i luoghi in cui si rintana, e il centro in continua espansione - assente nel film -, resta la figura del giudice Feng. Lui stesso ormai non è “il nuovo”, perché sta per essere soppiantato da una nuova generazione di giovani come il laureato Ah-Luo. Il giudice, che ne conosce le usanze, e sa come comunicare con questa Cina dimenticata e inviolabile, rappresenta già il passato. Nella sua solitudine, che esplode con un grido d’amore disperato alla fine del film, c’è forse la consapevolezza amara dell’ineluttabile scomparsa di quel mondo custodito dalle montagne, dimenticato dall’irruenta incoscienza del progresso.

(Mabei Shang De Fating - Courthouse on the Horseback) Regia: Liu Jie; interpreti: Li Baotian, Yang Yaning, Lu Yulai, Li Tingliang; origine: Cina 2006; durata: 105’


Enregistrer au format PDF