Venezia 64 - Cleopatra - Fuori Concorso
La Storia può essere raccontata in più modi. Può essere reinterpretata, rielaborata, interiorizzata in modo tale da leggere in essa l’essenza della nostra stessa umanità. Gli amori di Cleopatra, tema estremamente affascinante ed ambiguo da un punto di vista storiografico, vengono narrati da Julio Bressane in chiave totalmente rinnovata.
Ciò che conta, per il cineasta brasiliano, non è raggiungere la verosimiglianza di una narrazione storica: per capire chi siamo è necessario tornare indietro, alle radici della nostra cultura. Solo in questo modo il fatto storico in sé diviene la chiave per entrare a fondo nell’intricato mondo delle passioni umane. Cleopatra ha una struttura bipartita. La prima metà dell’opera racconta l’amore fra la regina egiziana e Cesare; la seconda, invece, fra la donna e Antonio. Due approcci differenti, due modi di osservare e di spiegare la vita e l’amore. La prima parte è spirituale, profonda, clitoridea. La seconda è carnale, animalesca, vaginale. La duplicità è interiorizzata dallo stesso personaggio di Cleopatra, essere umano completo e superiore, capace di svelarsi ai suoi uomini come saggia profetessa o bestiale amante. La donna, continuamente in bilico fra i due lati della coscienza umana, sconta la sua morte vivendo e libera la sua vita tramite la morte.
Cesare percepisce in lei l’essenza impalpabile dell’immortalità; si lascia penetrare da Cleopatra non solo fisicamente, ma anche spiritualmente, in un vortice di erotismo e di quella melodia interiore volta a ricercare le radici stesse della cultura. L’uomo è richiamato da una morte inevitabile, che lo libera dal peso insostenibile della Storia stessa, dal disfacimento dei valori, dal crollo dei pilastri della coscienza. Antonio, guerriero passionale, non riesce ad entrare nella spirituale umanità della donna. Riesce solo ad intuire ciò che Cleopatra vive dentro di sè. Riuscirà a liberare la sua rabbia repressa divenendo animale, schiavo e padrone allo stesso tempo, vittima e carnefice di se stesso.
Il regista di Uccise la famiglia e andò al cinema, realizza un’opera d’arte completa, in cui non solo viene percorso un viaggio nella Storia e nei meandri degli incontri-scontri fra culture differenti, ma anche nell’angosciante poesia dell’incomprensione. Quello di Bressane è un viaggio fra arti differenti: poesia, pittura, architettura, si fondono in un delirio di passioni che travalicano il concetto stesso di verosimiglianza. Razionale e visionario allo stesso tempo, il film rievoca il passato per permettere la conoscenza del futuro, anche se l’Uomo, probabilmente, non sarà mai capace di saperlo costruire. Il tragico epilogo, in cui la splendida fotografia esalta il giallo e il blu, mostrando il giorno e la notte, in precedenza avevano illuminato il volto di Cleopatra, divenendo una cosa sola, ed illuminando con le loro luci l’estremo sacrificio della regina.
A un passo dal capolavoro, Cleopatra è un’opera immensa, realizzata con estrema cura dei particolari, dei suoni, e delle sovrapposizioni spazio-temporali che, una volta sciolte, si perdono nell’inconscio di un sempre più disorientato genere umano.
(Cleòpatra) Regia: Julio Bressane; sceneggiatura: Julio Bressane; fotografia: Walter Carvalho; montaggio: Rodrigo Lima; musica: Guilherme Vaz; scenografia: Moa Balsow; costumi: Ellen Milet; interpreti: Miguel Falabella, Bruno Garcia, Josie Antello, Karine Carvalho, Adriana Oliveira; produzione: Grupo Novo de Cinema e TV Ltda; distribuzione: Grupo Novo de Cinema e TV Ltda; origine: Brasile; durata: 116’