Venezia 64 - Freischwimmer - Giornate degli Autori
A chi conosce (seppur parzialmente) l’opera del regista tedesco Andreas Kleinert, nel vedere il suo ultimo film Der Freischwimmer (The head under the water) non può non sospettare un caso di omonimia. Sarà proprio lui? Forse a causa della prolungata attività televisiva sono scomparse le tarkovskijane influenze che costituiscono la sua cifra stilistica sin dagli esordi, la cupa monocromia o il cesellato bianco e nero di Verlorene Landschaft e del suo capolavoro Wege in die Nacht (Strade nella notte) passato a Cannes nel 1999. Sul piano formale Kleinert mostra una brusca inversione di rotta e stempera il consueto rigore in una fotografia dai colori quasi sintetici, in cui prevale il verde dell’acqua, elemento che domina tutto il film. Abbandonati i suoi personaggi isolati in una solitudine senza speranza legata spesso in filigrana alla storia della ex Germania Est da cui proviene, il regista ambienta in una imprecisata cittadina della provincia una vicenda quasi horror dagli snodi narrativi imprevisti, che si moltiplicano in un crescendo delirante ma non sempre riuscito. Dietro ai ridenti paesini da Heimatfilme è ben noto che si nascondano segreti e bugie, crimini e misfatti (vedi Dürrenmatt e tanti altri dopo di lui) : malgrado la luce dorata della prima sequenza in cui tutti lietamente si salutano per strada mentre aprono i negozi, e il personaggio comico di una pastoressa evangelica dedita all’alcool che prende a pugni il registratore che trasmette il suono delle campane, ben presto il luogo comincia a mostrare i suoi orrori: in particolare nel locale liceo dove il sedicenne Rico, sordo e con problemi edipici legati all’annegamento del padre a cui ha assistito nell’infanzia, subisce le angherie del maestro di nuoto nonché amante della madre, e del bullo della scuola, una sorta di Big Jim da teen ager comedy americana, fidanzato con Regina, la ragazza più carina della scuola.
L’omicidio del bel Robert, di cui si sospetta da subito la matrice “allo specchio” alla Agatha Christie (viene avvelenato infatti da un bignè destinato a Rico) innesca una spirale di violenza che scoperchia i segreti di questa allucinata Peyton Place, in cui nessuno è come sembra, meno che mai il giovane e sorridente professore di letteratura che nasconde in cantina una collezione di manichini con le fattezze dei suoi studenti.
Disseminato qua e là di citazioni riconoscibili, dalla distruzione della donna-manichino nell’impossibilità di disfarsi dell’originale che rimanda palesemente al buñueliano Estasi di un delitto fino a Crazy di Hans Christian Schmid (amara commedia adolescenziale che ha costituito uno dei maggiori successi cinematografici degli anni Novanta in Germania), Der Freischwimmer si perde in troppe direzioni senza peraltro trasformarsi in un film corale. L’inquietante escamotage dei manichini (non nuovo al cinema, e nemmeno alla letteratura tedesca, basti pensare a Hoffman) poteva essere sfruttato in maniera più funzionale ma quando viene preceduto da un pestaggio ad opera di cattive ragazze, una (parziale) lapidazione, pesci carnivori e l’assassinio di un “bambi” dagli occhioni liquidi, il risultato è soltanto grottesco. Dietro il ritratto privo di mordente di una società orfana di valori in cui i ragazzi si specchiano senza riconoscersi (l’idilliaca proiezione finale alla festa del liceo “Kafka”) si nasconde forse solo un moralismo di maniera.
(Der Freischwimmer) Regia: Andreas Kleinert; sceneggiatura: Thomas Wendrich; fotografia: Johann Feindt; montaggio: Jenny van Appeldorn; interpreti: August Diehl (Martin Wegner), Frederick Lau (Rico), Alice Dwyer (Regina), Jürgen Terrach (preside), Fritzi Haberland (Michaela); produzione: Typhoon AG, WDR- Westdeutscher Rundfunk; origine: Germania 2006; durata: 110’