VENEZIA 64 - Kantoku banzai! (Glory to the filmaker!) - Fuori Concorso
Kitano ha il cervello a pezzi. Non si tratta di una provocatoria affermazione di chi scrive, ma ciò che lo stesso regista sostiene a proposito della sua salute mentale al termine di un lavoro completamente libero da ogni vincolo logico-narrativo.
Già dai primi fotogrammi, in cui viene mostrato un manichino sottoposto ad una risonanza magnetica, si intuisce che l’autore giapponese ha deciso di continuare a percorre la strada iniziata con Takeshi’s, presentato in concorso a Venezia due anni fa. Un qualsiasi tentativo di raccontare la trama del film è un’impresa non solo impossibile, ma anche inutile. Kantoku banzai! (Glory to the filmaker!) è il racconto di una serie di fallimenti immaginati, di una vasta gamma di tentativi non riusciti in direzione della realizzazione di film che non avrebbe saputo, né voluto girare. Kitano dirige e interpreta uno yakuza, un neo-pensionato (nella gustosa sequenza in cui ironizza sul cinema di Ozu), un astronomo, un padre violento; anche i generi affrontati sono i più disparati: si passa da un horror a dir poco trash al film di fantascienza, dal dramma strappalacrime al demenziale televisivo.
Kitano continua da una parte l’autocelebrazione della sua figura di artista e, dall’altra, prosegue la sua (non) ricerca basata sulla spersonalizzazione dei personaggi da lui interpretati o diretti. In Takeshi’s Kitano si sdoppiava, interpretando sia la parte di un regista vanitoso e cinico che un fan timido e introverso. In Kantoku banzai! il cineasta giapponese diviene “non sé”, per via dei tanti ruoli e delle situazioni che si ritrova ad affrontare e, allo stesso tempo, mette a nudo le sue paure, i suoi fallimenti, i suoi progetti già sbagliati in partenza, tramite la metafora del fantoccio dentro al quale batte il cuore di un artista in cerca di libertà.
E’ proprio la parola “libertà” a riassumere l’essenza di questo lavoro. Kitano si reinventa con un gioco di specchi che riflettono diversi mondi artistici possibili, ma quanto mai improbabili. Ogni gioco, però, è bello quando dura poco. Il carattere estremo del film può risultare difficilmente digeribile da una platea in cerca di opere accomodanti. Se da una parte l’umorismo visionario che pervade la pellicola diverte nella prima parte, dall’altra risulta stucchevole in più punti nella parte centrale. Kitano sembra accorgersene e, liberandosi dall’ansia di piacere e di ammiccare al pubblico, schiaccia il pedale della follia e abbandona lo spettatore, fino a quel momento in qualche modo aiutato a non perdersi in quel vortice di meta-cinema, lasciandolo solo in un labirinto di citazioni demenziali (in primis The Matrix, La tigre e il dragone e la testata di Zidane durante la finale dei mondiali in Germania) e di puro non-sense.
Kitano lascia vivere e morire i suoi personaggi, abbozza delle storie sbagliate in partenza, crea mondi che elimina tramite la trovata di un asteroide che si abbatte sulla Terra, distruggendola. Una volta spazzati via dalla furia degli eventi, i suoi personaggi divengono una cosa sola: il regista che li ha creati. Così, dalla Terra distrutta, si erge una scritta: Glory to the filmaker!, Gloria al regista. E di fronte ad un lavoro così ricco di immagini, riferimenti a film, visioni, provocazioni e un approccio alla storia e alla cultura totalmente distorti, ci sentiamo anche noi di esclamare a piena voce: gloria al regista, gloria a Kitano.
(Kantoku banzai!); Regia e sceneggiatura: Kitano Takeshi; fotografia: Katsumi Yanagishima; montaggio: Kitano Takeshi; musica: Shinichirô Ikebe; interpreti: Takeshi Kitano, Anne Suzuki, Keiko Matsuzaka, Yoshino Kimura, Kazuko Yoshiyuki, Akira Takarada, Ren Osugi; produzione: Bandai Visual Company, Tokyo FM Broadcasting Co. Ltd., DENTSU Music And Entertainment, TV Asahi, Office Kitano; distribuzione internazionale: Celluloid Dreams origine: Giappone, 2007; durata: 104’