VENEZIA 64 - San (Umbrella) - ORIZZONTI

Negli ultimi anni giornali e tv hanno puntato sempre di più il dito contro la Cina, paese al centro delle attenzioni dei media per via di una vorticosa crescita economica particolarmente invisa ad Europa ed Stati Uniti. Si parla di sfruttamento del lavoro di minori, mancata tutela dei diritti civili, assenza di controlli per alimenti e medicinali. Quali sono, però, le vere contraddizioni presenti in un grande stato come la Cina, al di là di biechi tentativi di boicottaggio economico?
Il boom economico non riguarda ogni regione della Cina. Lo aveva già fatto notare lo scorso anno Jia Zhangke, con il suo film Still life, vincitore del Leone d’oro. Anche se di fiction, il lavoro di Zhangke proponeva uno spaccato di vita di alcuni muratori, costretti a lavorare in condizioni disumane. Il documentario San - (Umbrella), invece, presenta le sconcertanti condizioni dei contadini dell’entroterra cinese, e tutto ciò che comporta la povertà nelle campagne. Du Haibin costruisce il documentario in maniera estremamente interessante: il suo viaggio non parte dalle campagne, ma dalle persone che si sono dovute trasferire in grandi città in cerca di un lavoro dignitoso.
Innanzitutto spieghiamo l’origine di un titolo così singolare. La sequenza iniziale dello scomodo documentario mostra alcuni operai intenti a cucire ombrelli. Date le condizioni climatiche della Cina, colpita in gran parte dell’anno da piogge e venti, l’industria degli ombrelli è una delle più produttive. Singolare è il centro commerciale di una grande città, in cui sono presenti esclusivamente negozi di ombrelli. Da tali presupposti, Du Haibin percorre le strade di tutti coloro che sono costretti ad emigrare per sfuggire alla povertà delle campagne. Chi fugge cerca un qualsiasi tipo di occupazione (malgrado, effettivamente, i contadini cinesi, per loro stessa ammissione, non siano in grado di fare un lavoro diverso da quello di coltivare la terra); il regista elenca e mostra, in maniera lenta e spesso ossessiva, le occupazioni che gli emigranti sono costretti a scegliere. Si passa dal lucida-scarpe all’arruolamento nell’esercito. Solo al termine del film il documentarista cinese mostra la condizione nelle campagne, seguendo un contadino, ormai vecchio, che non riesce più a vivere coltivando il grano.
Ogni paese ha le sue contraddizioni. I contrasti più forti in Cina sono dovuti ad una produzione economica impressionante, cui si punta a detrimento dei diritti dei contadini, costretti ad affrontare spese superiori al guadagno finale. Il governo cinese non supporta la crescita dei territori dell’entroterra. Per lo meno, questo si arguisce osservando i lavori della nuova generazione di documentaristi cinesi. Il lavoro di Du Haibin, seppur pieno di difetti a livello cinematografico, per via di tempi eccessivamente dilatati e di situazioni di vita comune eccessivamente imposte, va supportato proprio per il fatto che il modo migliore per capire le problematiche di un paese così grande è per l’appunto quello di non credere ai media nostrani, e vedere la Cina con gli occhi di un cinese, per quanto possibile.
L’ombrello è il filo conduttore del film. Sulla Cina piove sempre, ma il regista tiene metaforicamente ad indicare che, come ci si ripara dalle avversità climatiche, così il suo popolo è potenzialmente in grado di proteggersi dai problemi economici. Con la speranza che il messaggio venga colto anche dai politici cinesi.
(San); Regia: Du Haibin; operatore: Liu Ai Guo; musica: Xu Chunsong; montaggio: Du Haibin, Zang Jiali, Fang Lei; produzione: CNEX; distribuzione internazionale: CNEX; origine: Cina, 2007; durata: 123’
