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Ai Confini del Paradiso

Pubblicato il 24 maggio 2007 da Salvatore Salviano Miceli


Ai Confini del Paradiso

Sei personaggi le cui storie per la maggior parte si sfiorano, riuscendo solo in parte ad incontrarsi, tra Germania e Turchia, in un continuo anelito verso il perdono, la redenzione, la rivincita, tra vicende umane e personali che cozzano contro politica ed ideologie.
Tutto questo è Ai Confini del Paradiso di Fatih Akin, premiato per la miglior sceneggiatura all’ultimo Festival di Cannes, dopo l’enorme successo del suo precedente lungometraggio (La Sposa Turca – 2003) trionfatore a Berlino e vincitore di molti altri premi. L’inizio non è affatto male e lascia presagire un film pienamente riuscito. La regia si accontenta di lasciare spazio alla storia, guardandosi bene dall’eccedere in prolisse descrizioni e tenendo il filo della narrazione sempre teso. Akin, però, si lascia trasportare da un compiacimento naturale, quando decide di seguire le tracce diverse che compongono il suo intreccio e che alla fine dovranno, almeno idealmente, ricongiungersi.
Quello che funziona è la costruzione di un paradigma etico che investe singolarmente ogni protagonista. Nessun personaggio, infatti, è portatore di un singolo valore ma tutti sono dilaniati dalla compresenza di opposte tendenze. Questo li rende più interessanti e l’uno complementare all’altro, prossimi, ma solo alcuni vi riescono, alla costruzione di un rapporto. Tra questi, quello che si instaura tra Nejat, professore di storia e cultura tedesca, e Yeter, prostituta che il padre accoglie in casa come una moglie, è quello meglio realizzato. Tra i due il dialogo non è mai banale e nello scambio di battute, in cui rapidamente si palesano intime vicinanze che mai però giungeranno a toccarsi, si esplicita il momento migliore del film.
Come detto, però, di lì a poco Akin inizia a faticare nell’intrecciare le storie, rifugiandosi in scelte e raccordi piuttosto insignificanti. L’ingenuità, il non spingersi mai verso un linguaggio che meglio avrebbe potuto rendere il senso della storia, confrontandosi piuttosto con una regia sempre più orientata a sfuggire qualsiasi linguaggio appena più complesso, finiscono per appiattire il film, evidenziando anche discreti problemi e vuoti nella sceneggiatura. L’opera, comunque, rimane aperta a interpretazioni diametralmente opposte.
C’è chi lo ha amato e addirittura si spinge in previsioni trionfalistiche e chi lo ha liquidato come una pellicola non compiuta, che raramente lambisce la piena sufficienza. Senza arrivare ad una critica così negativa, noi ci limitiamo a notare una sostanziale mancanza di coraggio espressivo che non ci aspettavamo da quel regista che, con La Sposa Turca, aveva invece saputo mettersi in gioco trovando un brillante risultato. Più che di insufficienza, dunque, meglio parlare di incompiutezza.


CAST & CREDITS

(Auf der Anderen Seite); Regia, soggetto e sceneggiatura: Fatih Akin; fotografia: Rainer Klausmann; montaggio: Andrei Bird; suono: Kai Lude; interpreti: Tunnel Kurtiz (Ali Aksu), Nursel Kose (Yeter Ozturk), Patrycia Ziolkowska (Lotte Staub) Hanna Schygulla (Susanne Staub), Nurgul Yesilcay (Ayten Ozturk), Baki Davrak (Nejat Aksu); produzione: Corazon International Gmbh & Co Kg, Anka Film; distribuzione: BIM; origine: Turchia, Germania 2007; durata: 122’


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