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BUONGIORNO, NOTTE

Pubblicato il 10 settembre 2003 da Giovanna Quercia


BUONGIORNO, NOTTE

Prima liberatoria impressione a caldo finita una defatigante Biennale 03: il cinema italiano ha veramente ancora qualcosa da dire al suo pubblico dopo Benvenuti (Segreti di Stato), Bertolucci (The Dreamers), Ciprì&Maresco (Il ritorno di Cagliostro) e Bellocchio con il bellissimo Buongiorno, notte, la cui esclusione dalla “zona Leoni” tante polemiche (spesso superflue, talvolta fuorvianti) ha prodotto in questi giorni. Perché ci sembra che finalmente la nostra cinematografia torni a parlare il grande linguaggio della Storia e della Cultura, abbandonando il cul de sac del minimalismo artistico e dell’autocommiserazione tutta e solo introiettata verso il proprio ombelico & dintorni. Che torni insomma ad essere quanto è stata per tanto tempo fino agli anni Ottanta: un medium che appassiona la gente (e non solo il piccolo popolo dei cinefili o quello più folto dei ragazzini in cerca di videogame surrogati), che produce Idee, discussione, stile. Sotto questo aspetto l’ultima fatica del filmmaker piacentino ci appare esemplare, una spanna su tutti i suoi diretti amici-concorrenti, nel tentativo di riflettere, senza fantascientifiche dietrologie politiche né ricostruzioni realistico-televisive “all’americana”, su una grande tragedia del nostro paese che ha tagliato in due, prima e dopo, la recente storia patria. E contemporaneamente proseguendo un cammino intellettuale nel quale da una parte l’antipsichiatria (ricordata quasi furtivamente in una breve notizia di tg inserita nel film) e dall’altra la costruzione edipica rappresentano, anche al di là della lotta di classe, un fondamentale motore della Storia. Perciò la prigionia prima e l’uccisione poi di Aldo Moro (interpretato con somma maestria da Roberto Herlitzka), insomma l’insensato attacco al cuore dello Stato delle BR - figurazione estrema e tragica dell’Utopia del ’68 con la sua contraddittoria e folle proposta di produrre Vita tramite la Morte - si trasforma in un Kammerspiel psicanalitico, spiato ed osservato dall’occhio curioso e voyeur di Chiara (Maya Sansa) alias Anna Laura Braghetti, una giovane terrorista coinvolta anch’essa, si ritiene, per motivi edipici dentro la spirale della lotta armata. Giostrando sul piano realistico e claustrofobico del covo e su quello delle proiezione di sogni e desideri della protagonista - da immagini partigiane e del rosselliniano Paisà al grandioso sogno della liberazione dello statista cattolico sullo sfondo del Colosseo quadrato, sede storica della DC - Buongiorno, notte, liberamente tratto dal volume Il prigioniero della Braghetti di Paola Tavella, riflette, tra Brecht e Artaud, su un vuoto storico fondamentale, quasi tabuizzato e allontanato dalle coscienze, che sinora con tanta lucidità e commossa partecipazione nessuno si era sentito di affrontare al cinema. Per raccontare del cinismo estremo dei politici e della Chiesa ad abbandonare Aldo Moro al suo destino, della confusione frastornata della Sinistra dentro e fuori il Parlamento, del fanatismo ideologico e della fatale macchina di morte messe in piedi dalle BR in un delirio di onnipotenza destinato alla catastrofe. Insomma il fallimento di una generazione e di una politica. Ma almeno, in confronto al buio d’oggi e al pantano della seconda Repubblica, nella ricostruzione del ‘78 fatta da Marco Bellocchio si intravede uno spiraglio di luce dell’impegno e della speranza incarnata nel grande sogno finale della liberazione del prigioniero, scampato così ad un atroce destino. Probabilmente rispetto all’Ora di religione, più semplice nella sua polemica anticlericale sapida e grottesca, Buongiorno, notte si pone ad un gradino inferiore di bellezza assoluta o di risoluzione stilistica del racconto. Ma è un’opera fondamentale, inalienabile per la nostra Storia e le nostre coscienze, che andava fatta e che un grande regista ci ha finalmente offerto. Sì è vero: probabilmente gli stranieri avranno difficoltà a capire e ad apprezzare questo film-mistero, che riflette specularmene la labirintica, spasmodica contraddittorietà del nostro paese. Ma noi italiani teniamocelo ben stretto.

Regia e sceneggiatura: Marco Bellocchio. Fotografia: Pasquale Mari. Montaggio: Francesca Calvelli. Interpreti: Maya Sansa, Luigi Lo Cascio, Pier Giorgio Bellocchio, Giovanni Calcagno, Paolo Briguglia, Roberto Herlitzka. Produzione: M.B. e Sergio Pelone per Filmalbatros/Rai Cinema. Origine: Italia, 2003. Durata: 105’. Distribuzione: O1 Distribution. Web info: www.01distribution.it


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