C.O.G
Dopo il passaggio all’ultima edizione del Sundance Film Festival - ottenendo un discreto riscontro critico - arriva in concorso a Torino la seconda prova dietro la mdp di Kyle Patrick Alvarez (l’esordio è datato 2010 con Easier With Practice). Tratto, o meglio liberamente ispirato, da un racconto breve di David Sedaris, C.O.G. - acronimo di Child of God - può essere facilmente inquadrato come racconto di formazione. Ne è protagonista David, giovane e colto rampollo di una famiglia dell’alta borghesia della East Coast, che, un po’ per sfida e molto per noia e con l’attrattiva di passare l’estate con l’amica Jennifer - aspettativa quasi immediatamente delusa - , decide di trascorrere l’estate in Oregon, nei campi di raccolta delle mele.
L’obiettivo è sporcarsi le mani, dare una immagine concreta e reale ai tanti personaggi letti e commentati sulle pagine dei romanzi. Come è facile aspettarsi, forse un po’ troppo prima del dovuto, il film si evolve nel resoconto di un processo di crescita, tanto inatteso quanto brusco e profondo, che conduce il giovane protagonista a confrontarsi con il venire meno di tante certezze e con il conseguente insorgere di molteplici dubbi che spaziano dell’identità sessuale a quella religiosa e politica, mettendo in crisi l’arrogante e intellettualistico bagaglio di conoscenze date orami per acquisite.
Pregevole la scrittura, poco incline al didascalico e molto concentrata, è il tipo di film ad imporlo, sui personaggi. La provincia americana è identica a se stessa, territorio ormai conosciuto più che bene, almeno sullo schermo, da chiunque abbia intrattenuto anche solo un minimo di frequentazione delle sale cinematografiche.
Certamente interessante il modo in cui il regista sceglie di stare accanto al suo protagonista, con uno sguardo costante e assai prossimo, con un’attenzione particolare al volto e alle sue espressioni. La scelta è ripagata dalla prova di Jonathan Groff, puntuale e perfettamente in grado di dare sfogo alle tipiche incertezze di un adolescente ancora alla ricerca di se stesso.
Grosse pecche non si evidenziano e il racconto procede bene, privo di forzature e ben equilibrato. Nonostante questo però il film si innesta in una tradizione ormai logora e sicuramente affollata. Per quanto apprezzabile sia, infatti, il respiro intimista scelto da Alvarez, la sensazione finale è quella di ritrovarsi davanti qualcosa di più volte detto e visto.
Ogni storia è uguale solo a se stessa, ma, quando si capiscono senza sforzo e con largo anticipo le svolte che prenderà la narrazione, il piacere della visione lascia spazio, almeno in parte, alla noia del già noto. Resta un film discreto C.O.G., ma avrebbe forse avuto bisogno di maggiore coraggio, di osare un po’ di più per acquistare una definita e riconoscibile identità.
(C.O.G.) Regia e sceneggiatura: Kyle Patrick Alvarez; soggetto: Tratto dal racconto omonimo di David Sedaris; fotografia: Jas Shelton; scenografia: Gary Barbosa; interpreti: Jonathan Groff (David), Denis O’Hare (John), Corey Stull (Curly) produzione: Forty Second Production, Rhino Film; origine: Stati Uniti; durata: 88’.