Doppia ipotesi per un delitto

In un mondo noir nessuno è come appare, tutti sono personaggi che recitano sul palcoscenico della nostra immonda realtà: il nostro mondo, dove nessuno è.
Chicago. L’afroamericano Isaac Duperde viene trovato morto in casa di Nora Timmer (Jolene Blalock), stretta collaboratrice ed amante del procuratore distrettuale Ford Cole (Ray Liotta), bianco in piena ascesa politica e candidatosi come sindaco. Sulle prime sembrerebbe legittima difesa. Ma quando il nero Luther Pinks (Ll Cool J) si presenta alla centrale di polizia fornendo una versione diversa dell’omicidio, il gioco ha inizio. Cole stesso condurrà le indagini, per risolvere il caso prima che lo scandalo giunga ai media; scoprirà un complotto ordito dal ricercato numero uno della città: entro le 5.30 del mattino avverrà un tremendo crimine, legato al caso Duperde. Tutto in una notte, mentre l’alba incombe.
Inganno e doppiezza, come nei recenti Miami Vice e The Departed, opere di due maestri che si cimentano col genere. Un Rashomon sul saper dire bugie, e quindi sull’arte di recitare (e vivere). In Doppia ipotesi per un delitto (esordio dietro la mdp per lo sceneggiatore Wayne Beach, già autore degli script di Delitto alla Casa Bianca e L’arte della guerra), il confine tra Bene e Male è assai labile: perché tutto è un gioco, crudele sì, ma comunque gioco. Questa opera cerca di distinguersi da tanti thriller di bassa fattura, in particolare grazie a un ritmo dato più dalla parola che dall’azione, dove i continui flashback contribuiscono ad accrescere la non linearità del plot e dove è sempre presente una certa ironia in personaggi che parlano come se fossero protagonisti di un romanzo. Ma questo film sembra essere ‘troppo scritto’: la sceneggiatura è un labirinto di fili ammassati, almeno fino a quando l’autore non vuole soddisfarsi nel disfarsene, attraverso un inutile tripudio di continui capovolgimenti di identità, preludio a un finale comunque alquanto scontato .
Evidenti sono i richiami a Chinatown: oltre alla messa in scena di un labirinto, un ulteriore legame è costituito dal tema della speculazione edilizia, qui ripreso attraverso le vicende del Cabrini Green di Chicago (reale simbolo della difficile integrazione razziale in territorio statunitense, ripreso anche in uno degli ultimi esempi di grande horror americano, ossia quel Candyman – Terrore dietro lo specchio, realizzato nell’ormai lontano 1992).
Ford Cole è sballottato dagli eventi, è un protagonista decentrato. Perché, in realtà, il vero centro gravitazionale è Nora Timmer, pericolosa donna camaleonte, dai tratti che non appartengono nè ai neri, nè ai bianchi, un fantasma che agisce sullo sfondo, attraversando tutto lo spettro dei colori, scegliendo ogni volta quello che le serve, abile manovratrice dei destini altrui. Ed è colei che sempre scampa, proprio perché fantasma, e quindi già morta, eterna e mutevole, simbolo di un’America che è Babele fra le Babeli, centro nevralgico in continua evoluzione e, per questo, sempre instabilmente in transizione, sempre in crisi, dove il Vecchio deve lasciare posto al Nuovo: ma mondo che mai rimane inerte. Come il Kaiser Söze de I soliti sospetti, Nora è presenza (im)palpabile e onnipresente, imprendibile super criminale langhiano, ma sempre sotto gli occhi di tutti.
Alcuni degli artisti più brillanti di Hollywood si sono dedicati a Doppia ipotesi per un delitto. Il direttore della fotografia Wally Pfister (collaboratore di fiducia di Christopher Nolan, da Memento in poi, e candidato agli Oscar per Batman Begins e The Prestige) e lo scenografo Tim Galvin (Il silenzio degli innocenti) hanno ricreato un décor che è la parte migliore del film: abbondanza di luci che delineano corpi e oggetti, specchi che li raddoppiano, continua manipolazione di colori e di menti (toni freddi per le scene ambientate nel presente, caldi nei flashback).
Peccato che talune idee, anche interessanti, siano espresse con una tale insistenza da diventare didascaliche: si sente, quindi, l’assenza di una regia che sappia tenere in mano le redini dell’intero film, comprese le vite di personaggi cui non è facile affezionarsi.
(Slow Burn ) Regia e sceneggiatura : Wayne Beach; soggetto: Wayne Beach e Anthony Walton; fotografia: Wally Pfister; montaggio: Kristina Boden; musica: Jeff Rona; interpreti: Ray Liotta (Ford Cole), Jolene Blalock (Nora Timmer), Ll Cool J, alias James Todd Smith (Luther Pinks), Mekhi Phifer (Isaac Duperde); produzione: GreeneStreet Films, Sidney Kimmel Entertainment, Bonnie Timmermann Productions, Longfellow Pictures; distribuzione: Eagle Pictures; origine: U.S.A., 2005; durata: 93’; web info: minisito della Eagle; sito internazionale
