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FESTA DEL CINEMA DI ROMA - Dear Anne

Pubblicato il 20 ottobre 2006 da Fabiana Proietti


FESTA DEL CINEMA DI ROMA - Dear Anne

Far rivivere il passato. Senza costumi e scenografie ma con il solo - si fa per dire vista la mole di lavoro richiesta dal progetto - ausilio del computer.
La Anne del titolo è infatti Anna Frank, la ragazza che con il suo “Diario” ha consegnato ai posteri una delle testimonianze più vere e sentite sull’ Olocausto, sorprendendo chiunque abbia scorso quelle pagine con la freschezza del suo sguardo, il suo acume e la sua vitalità.
Il cinema si era già interessato alla sua figura nel 1959 quando George Stevens agguantò un Oscar con un film non eccezionale ma di solido mestiere.
L’operazione messa in moto dal giovane Dario Picciau, però, si presenta come qualcosa di assolutamente diverso: il suo Dear Anne è un work in progress che da circa due anni impegna una schiera di giovani artisti provenienti da ogni parte del mondo, dagli Usa, a Israele, all’Italia, convinti di prendere parte a un progetto che aprirà davvero nuove frontiere al cinema d’animazione in digitale.
E un evento il compimento di Dear Anne lo sarà di certo, considerata l’attenzione e le aspettative riservate al lavoro di Picciau anche in contesti ufficiali e mondani come la Mostra di Venezia - che lo scorso anno accolse il teaser-trailer del film - e la nuova Festa del Cinema di Roma.
Grazie al motion capture e alla digital reality il passato risorge sotto i nostri occhi: il team di Picciau seleziona materiale d’archivio, recupera fotografie e filmati per far rivivere la Germania e l’Olanda degli anni 40; i volti di Anna, della sua famiglia e di tutti gli altri rifugiati nella soffitta vengono ricostruiti in base alle foto e poi animati usando le espressioni catturate da minuscoli sensori, posti sul viso di attori che prestano la voce, ma soprattutto le loro emozioni, ai personaggi animati in 3D.
Il digitale ha una potenzialità enorme e il cinema sembra sempre più in balia delle sue magie, dei suoi trucchi, senza i quali non sarebbero state concepite le saghe fantasy e fantascientifiche che anno avuto un ruolo di primo piano nel cinema dell’ultimo decennio.
Con Dear Anne dalla creazione di mondi fittizi si passerebbe (e si passerà) a un cinema da macchina del tempo, da abbattimento delle barriere temporali, che risulta sì affascinante ma anche inquietante.
Se il cinema d’animazione classico ha sempre attinto alla figura e al volto umano per i suoi personaggi, “rubare” le espressioni di un vivo per trasporle sulle sembianze di chi non c’è più è un’operazione così radicale da far sollevare qualche dubbio su quale sia il ruolo (ma anche il destino) del cinema.
E’ reazionario opporsi alla tecnica? Ci troviamo di fronte a un altro dibattito come quello che accompagnò l’introduzione del sonoro al cinema? O si rischia, cavalcando l’entusiasmo che queste operazioni indiscutibilmente suscitano, di trasformare il set in un laboratorio dove qualche mad doctor vuole riportare l’amata in vita usando un robot? (e qui l’attualità di Metropolis sorprende ancora una volta).
Nelle intenzioni degli autori di Dear Anne la documentazione tridimensionale fotorealistica ha finalità prima di tutto didattiche: avvicinare i giovani al passato, alla Storia, puntando sull’emotività delle immagini.
L’invenzione è ottima e l’effetto c’è. Ora bisogna solo attendere per vedere che uso se ne farà.


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