FESTA DEL CINEMA DI ROMA - Times and Winds - Beº Vakit

Ambientato in uno sperduto paesino della Turchia, Times and Winds (Beº Vakit) racconta la storia di tre bambini, delle loro vite emotive e del rapporto con la propria famiglia. Ömer è il figlio dell’Imam, e medita di ucciderlo. Yakup è innamorato della maestra. Yildiz invece inizia a scoprire il mondo della sessualità, quando sente i suoi genitori fare l’amore.
Da queste premesse il regista Reha Erdem sviluppa una toccante riflessione sulla crescita e sulla violenza dell’educazione. I tre bambini sono vittime della cultura cui appartengono; il loro mondo privato, specialmente quello di Ömer, è invaso dal rancore e dal rifiuto della realtà dei loro genitori.
“Gli uomini diventano come i loro padri” dice la nonna in una scena. I padri sono vittime del nonno, i figli vittime dei padri: a un tratto il padre di Yakup viene aggredito e offeso da suo padre. Si allontana, Yakup lo raggiunge: ora si trovano entrambi in un campo, sotto un albero, con il padre che piange. Entrambi nudi, entrambi vinti. Ma non si consolano, e si allontanano subito l’uno dall’altro.
E più avanti, quando cresce il suo odio, Yakup non gioisce, non si rallegra a vedere il padre insultato dal nonno. Piuttosto sembra vergognarsi, nasconde gli occhi pieni di dolore. Come se vedesse in quella scena un destino ancora più inevitabile.
Erdem ci racconta di una cultura immobile, perenne come la natura. Una cultura intrisa di violenza e rancore, la cui gerarchia schiaccia continuamente il più debole. L’odio che provano i bambini, in questa visione, sembra allo stesso tempo l’effetto di questo sistema e la ribellione ad esso, un’ambigua forma di salvezza; ricorre spesso nel film la scena dei bambini che dormono, sulla terra, grigia, polverosa, nella paglia, seppelliti tra le foglie. Talvolta da soli, talvolta in gruppo. Sembrano morti. Come rifugiandosi, lì nella terra, dall’opprimente sistema autoritario che li opprime. Oppure stremati, definitivamente vinti.
Come racconta la società e la cultura, Times and Winds racconta la natura, che cambia continuamente (la luce diversa delle ore del giorno, la pioggia, i campi e le montagne) eppure non muta mai davvero. Violenta, austera, talvolta inospitale, la natura si intreccia continuamente all’uomo e si fa allegoria della sua vita interiore.
Nel film risuona un’eco di tragedia arcaica. Racconta una storia antica e, come la tragedia, eterna.
Erdem non si concentra tanto sullo sviluppo della storia, quanto sull’indagine di quel mondo e di quel tempo senza tempo. Lo stato inamovibile delle cose è appunto sottolineato dall’inarrestabile (e lento) susseguirsi delle ore di preghiera, che scandiscono il giorno ideale raccontato nel film; Times and Winds si apre infatti con la notte per terminare poi alla mattina. Finisce nella luce, come se, dipanandosi, schiudesse del tutto la sua realtà. La stessa realtà di prima. Solo, finalmente svelata in tutta la sua densa materialità.
Un affresco maestoso e solenne, sempre intenso e a tratti glorioso. La musica di Arvo Pärt ne enfatizza la forza mitopoietica, in un lungo commento ininterrotto. Come racconta il mondo, il suo respiro immenso, così comunica quel non detto che sta asserragliato dentro l’individuo, quella straziante vicenda interiore sui cui lembi indugia Erdem.
(Bes Vakit); Regia, sceneggiatura e montaggio: Reha Erdem; fotografia: Florent Herry; musica: Arvo Part; interpreti: Ozkan Ozen (Ömer), Ali Bey Kayali (Yakup); Elit Iscan (Yildiz); Bulent Emin Yarar (Imam); Taner Birsel (Zakeriya); produzione: Atlantik Film Yapim Ltd; origine: Turchia, 2006; durata: 110’
