Kick-Ass

Ha la consistenza di una potentissima incursione all’arma bianca, puro cinema d’assalto e paradostica fantasia pop densa come il sangue che schizza e scorre a fiotti lungo lo schermo imbrattandone il primordiale chiarore, alla fine del suo percorso rappresentando un passo ulteriore nello sviluppo dei rapporti tra l’arte cinematografica e quella dei comics. Poiché il Kick Ass di Matthew Vaughn è la messa in scena della serie a fumetti scritta da Mark Millar e disegnata da John Romita Jr., già di suo una splendida fantasia ideata per la Marvel, raffigurazione realistica del tema dei supereroi, lucida riflessione che verte sullo scontro tra vita quotidiana e sogno, sulla violenza e sulle motivazioni che possono ’giustificarla’, oltre che messa in discussione del legame di educazione che si instaura tra generazioni diverse, così come quello più generale tra una cultura imperante e l’individuo (sia che questo si adatti ad essa oppure che la contrasti) e la solitudine dei perdenti, con la loro forse inutile voglia di riscattarsi.
Per la verità in questo caso le due fantasie, quella cinematografica e quella fumettistica, sono andate di pari passo, giacché il progetto per il grande schermo è stato portato a termine quando quello sulla pagina disegnata non era stato ancora completato. Da ciò è nato un rapporto quasi di compenetrazione tra mondi espressivi diversi e non solamente di semplice filiazione, con talune differenze, derive e allontanamenti di significato, con certi movimenti espressivi che divengono la rilettura di un’opera già data e non solo, nella fattispecie della trasposizione cinematografica, di un adattamento che possa essere semplicemente considerato come il depotenziamento di un impatto altresì più pungente, ai fini di una maggiore resa commerciale della storia sul grande schermo.
Perché il Kick Ass di Matthew Vaughn è una irruente novità che gioca con gli stilemi del cinema fumettistico, tra profondità e leggerezza, tra sangue, brutalità e ironia, un’irruzione dentro un mondo ormai stabilizzatosi nell’equilibrio, messa in opera di un riuscito climax che scompone la narrazione, sconvolgendola, per una pellicola che vive di continue fratture. In particolare si pensi, per questo aspetto, all’utilizzo formale dei personaggi di Big Daddy (un grande Nicolas Cage, corpo recitante di mezza età perso tra sogni di gloria e una dolorosa sconfitta, allo stesso tempo sia sotto che sopra le righe) e Hit-Girl (ossia Chloe Moretz, già piccola e deliziosa comprimaria in quel gioiello che si intitola 500 giorni insieme, oltre che protagonista di Let Me In, recente remake statunitense di Lasciami entrare): padre e figlia, folli e umanissimi (super)eroi mascherati che vivono delle passioni più estreme, violenti vendicatori dai lunghi pugnali, di certo i due incarnano l’anima oscura dei tipici eroi mascherati, una loro estremizzazione e – quasi paradossalmente - un ritorno alla realtà per un intero universo, contraltari dell’idealistico vagare proprio del già più mite protagonista Dave Lizewski/Kick-Ass. Tuttavia quest’ultimo, attraverso il suo agire, fin dall’inizio incarna il primo distacco ironico e difforme rispetto all’eroe abituale: picchiato, dileggiato, per gran parte del film incarnerà la figura del perdente, sempre un po’ decentrato.
Un film, Kick-Ass, che, seppur spesso rispettoso del passato che si trova a parodiare, è indubbiamente vicino al tarantiniano Kill Bill, divenendo anche più ’scandaloso’ e violento in una maniera meno fumettistica rispetto all’illustre predecessore: ciò accade in particolare grazie al personaggio di Hit-Girl, una bambina che, assieme all’adorato padre, compie stragi di gangster, il più delle volte col sorriso stampato in volto. Mentre in parte i criminali rammentano certe figure del cinema del miglior Guy Ritchie (Matthew Vaughn ha prodotto sia Snatch che Lock & Stock), loschi figuri grotteschi laddove immersi nella violenza che irrora l’intera pellicola.
Violenza che raggiunge e oltrepassa i confini della tragedia e del sacrificio più intimo, come nel profondo e sconsiderato rapporto che lega la ragazzina al genitore, nella loro grandezza personaggi più da fumetto – così come l’antagonista Red Mist – che il protagonista Kick-Ass. In tale modo, grazie a questo costante e ben ponderato accumulo di persone in scena (si veda il mistero che inizialmente avvolge la funzione di Big Daddy e Hit-Girl, fino a che il loro definitivo ingresso assumerà le sembianze di un’epifania) il film riesce a risultare vitale, riecheggiando, per merito anche del montaggio oltre che della sceneggiatura, il dinamismo del racconto di Mark Millar e quello delle tavole di John Romita Jr.
Mentre quel misto di eroismo e di quotidianità, di ribellione contro le regole del genere e di rispetto verso di esse, la volontà di fuga e la voglia di sedersi per riflettere, fanno sì che Kick-Ass possa considerarsi come uno dei migliori esempi di cinema fumettistico, un’opera matura della quale in tanti dovranno in futuro ricordarsi.
(id.); Regia: Matthew Vaughn; sceneggiatura: Jane Goldman e Matthew Vaughn, tratta dall’omonimo fumetto di Mark Millar (disegni di John Romita Jr.); fotografia: Ben Davis; montaggio: Jon Harris, Eddie Hamilton, Pietro Scalia; musica: John Murphy (II), Henry Jackman, Marius De Vries, Ilan Eshkeri; interpreti: Aaron Johnson (Dave Lizewski/Kick-Ass), Chloe Moretz (Mindy Macready/Hit-Girl), Nicolas Cage (Damon Macready/Big Daddy), Christopher Mintz-Plasse (Chris D’Amico/Red Mist), Mark Strong (Frank D’Amico), Lyndsy Fonseca (Katie Deauxma), Clark Duke (Marty), Evan Peters (Todd), Garrett M. Brown (Sig. Lizewski), Deborah Twiss (Sig.ra Zane); produzione: Lionsgate, Marv Films e Plan B Entertainment; distribuzione: Eagle Pictures; origine: USA e Gran Bretagna, 2010; durata: 117’; web info: sito ufficiale.
