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L’intrepido

Pubblicato il 5 settembre 2013 da Giovanna Branca


L'intrepido

Antonio Pane non ha un lavoro, ce li ha tutti. Il suo modo assurdo di guadagnarsi da vivere infatti è sostituirsi a chi non può stare sul posto di lavoro, per un’ora, un giorno o una settimana, rimpiazzare l’assente e svolgere i suoi compiti. Muratore, autista di tram, sarto, portapizze: con la sua curiosità e intelligenza è un tuttofare che riesce bene in ogni cosa.
E’ quindi fondata su un paradosso la storia del nuovo film di Gianni Amelio – L’intrepido, secondo italiano visto in concorso al Festival – e interpretato da Antonio Albanese. Parla di un lavoro che non esiste né potrebbe esistere, sintetizzando così l’esasperata precarietà del mondo in cui viviamo ed in particolare del nostro paese, visto attraverso gli edifici in perenne mutamento e costruzione della livida Milano industriale.
Ma il tema del lavoro è solo l’impalcatura di una storia che mira ad andare oltre, “la punta dell’iceberg” - con le parole dello stesso Amelio – di un film che abbraccia anche e fondamentalmente i rapporti umani, il confronto tra generazioni. Antonio ha infatti un figlio, Ivo (l’esordiente Gabriele Rendina) che fa il sassofonista, e ad un concorso incontra la ventenne Lucia (Livia Rossi, anche lei al suo primo film) con cui instaura un rapporto e che cerca di aiutare perché ne intuisce le difficoltà economiche e la fragilità emotiva.
Come un novello Charlot di Tempi moderni vorrebbe “salvare” la fanciulla: se non garantirle un futuro almeno condurla con se verso uno speranzoso altrove. La citazione del capolavoro di Chaplin è esplicita in una scena in cui Antonio lavora in lavanderia, che omaggia la celebre sequenza alla catena di montaggio. Ma è citato anche il finale, in cui il vagabondo e la ragazza si avviano insieme lungo la strada, sapendo ciò che lasciano ma non ciò a cui vanno incontro, solo che sono insieme, mentre il mascherino nero tipico del cinema muto si stringe sulle loro figure.
La differenza è che Antonio non sta semplicemente andando via: sta fuggendo. Ma soprattutto, lo sta facendo purtroppo da solo. Il film di Amelio – in cui la presenza di Albanese non deve trarre in inganno e far pensare ad una commedia – tratta alcuni tra i temi più dolorosi della contemporaneità: il mondo del lavoro che genera solo schiavitù, la delicata relazione tra padri e figli ed in generale con delle nuove generazioni che sembrano troppo fragili per riuscire a lottare in un mondo del genere. L’intrepido ha però dei punti carenti, a partire da svariati dialoghi poco convincenti e dalla debolezza dei personaggi che circondano il protagonista. Manca qualcosa: non si sfugge mai alla sensazione di stare assistendo ad un discorso irrisolto.
Ad Amelio e Albanese resta però il merito di aver portato sullo schermo un personaggio memore della dolcezza e malinconia di Chaplin. E questo è già tanto.


CAST & CREDITS

(L’intrepido) Regia: Gianni Amelio; sceneggiatura: Gianni Amelio, Davide Lantieri; fotografia: Luca Bigazzi; montaggio: Simona Paggi; interpreti: Antonio Albanese (Antonio), Gabriele Rendina (Ivo Pane), Livia Rossi (Lucia), Sandra Ceccarelli; produzione: Rai Cinema, Palomar; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia; durata: 104’.


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