La bataille de Solférino
La bataille de Solférino è un tipico dramma francese infarcito di metafore sulla storia moderna e contemporanea dei nostri cugini d’oltralpe dove, sullo sfondo delle elezioni politiche che porteranno Hollande a prendere il posto di Sarkozy come presidente della repubblica francese, si sviluppa il dramma di Letizia e Vincent, una coppia scoppiata da poco che si litiga e contende l’affidamento dei propri figli.
La macchina da presa costantemente a mano e dalla fotografia sporca, segue le vicende dei due protagonisti e della situazione politica del Paese saltando con agilità da una parte all’altra ma finendo per risultare eccessivamente scontata nell’idea di crisi della società contemporanea che cerca di dare a tutti costi. Gli attori, bravissimi nel muoversi costantemente tra finzione e realtà reggono da soli gran parte della pellicola dando idea di essere stati lasciati liberi di improvvisare e di rovesciarsi addosso litri e litri di livore.
Il film tocca tutti i temi possibili e immaginabili: dalla crisi di identità, allo stravolgimento dei ruoli, dalla figura di un maschio eterno Peter Pan a quella di donna in carriera pura e dura, in cui spesso e volentieri sono i bambini, la parte più innocente di ciò che vediamo a doverne fare le spese. I cambiamenti politici che dovrebbero portare alla risuluzione dei problemi e ad un futuro più roseo fanno passare in secondo piano i piccoli cambiamenti quotidiani che dovrebbero invece costituire la base solida da cui partire. La bataille de Solférino però è pretenzioso e troppo spesso raffazzonato nel portare questo punto quasi allo sfinimento rendendo così il compito difficile per lo spettatore che a fatica riesce ad arrivare alla fine dei novanta e passa minuti della proiezione. Urla, grida e scene degne del miglior Muccino che appesantiscono la visione e la riempiono di orpelli inutili.
Se l’idea era quella di aprire una finestra all’interno delle due vite dei personaggi per creare empatia con loro e i loro drammi il compito non riesce fino in fondo perchè, nonostante la loro bravura si percepisce una forzatura che estrania troppo lo sguardo di chi osserva. Se invece era questo il fine ultimo, beh, di sicuro coglie nel segno ma tutta la premessa si arricchisce di una tale artificiosità da far cadere miseramente la premessa stessa. Un film cervellotico e noioso che sa troppo di quell’intellettualismo snob che poco ci piace. Deludente!
(id.); Regia e sceneggiatura: Justine Triet; fotografia: Tom Harari; montaggio: Damien Maestraggi; musiche: Thibault Deboaisne; interpreti: Laetitia Dosch, Vincent Macaigne, Arthur Harari, Virgil Vernier; produzione: Ecce Films, Ciné+, Centre National de la Cinématographie, Cinémage 7; origine: Francia, 2013; durata: 94’.