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LUXURY CAR

Pubblicato il 20 maggio 2006 da Salvatore Salviano Miceli


LUXURY CAR

Luxury Car, di By Wang Chao, è il terzo ed ultimo capitolo della trilogia sulla Cina dopo The Orphan of Anyang(2001) e Night and Day(2005). Continuando il cammino di riflessioni e critiche sulla realtà storica e politica della Cina contemporanea, il regista affronta il problema della diversità sociale, del continuo contrasto tra ricchezza e povertà nato dalle contraddizioni tra il vecchio ordinamento sociale e quello attuale. Inscrive ciò all’interno di una storia familiare i cui protagonisti, padre e figlia, diventano simboli di situazioni opposte e di opposte evoluzioni dei tempi. Da un lato il vecchio genitore che parte dal suo piccolo paese di montagna alla volta della grande città per trovare il figlio, sparito da più di dieci anni, che la moglie, malata terminale, vorrebbe ancora una volta abbracciare. Dall’altro, una giovane donna che ha lasciato quel paese già da tanti anni, affascinata da prospettive metropolitane che inevitabilmente vengono mortificate da un presente vissuto come prostituta ed ormai privo di aspirazioni.
In gioco è il valore della famiglia all’interno di una tensione generazionale che appare sempre più profonda, accentuata da una netta contrapposizione geografica. Il paese appare ancora come roccaforte di principi unitari basati sulla solidità e inestinguibilità degli affetti, mentre la città, anche, se non sopratutto, dal punto di vista visivo simboleggia la realtà individuale, la mercificazione del corpo e degli affetti stessi. Non è, dunque, un caso che l’unico personaggio positivo della metropoli, un funzionario di polizia, confidi al vecchio padre il desiderio di ritornare al luogo dei propri natali non appena raggiunta la pensione.
La narrazione procede lenta, come era facile aspettarsi, con uno stile che nulla concede ai movimenti ma che concentra la sua attenzione sulla ricerca del particolare a cui potere dare valore significante. Bene ci arriva il senso della vita frenetica metropolitana con il continuo ed evidente contrasto tra il movimento in bicicletta del padre, simbolo non solo di una diversa provenienza ma anche di un diverso stato sociale, e le migliaia di macchine che affollano la strada e che si muovono come impazzite nelle luci della città.
Il film è ben costruito considerando sia la storia che i personaggi. Sicuramente la staticità del ritmo non lo rende di immediata comprensione e godibilità però è apprezzabile il delicato lavoro di regia di By Wang Chao che cerca di evitare quanto più possibile ogni rifugio nella retorica, anche se non sempre vi riesce, dando vita ad un’opera abbastanza intensa il cui epilogo, però, sembra un po’ troppo tendente al lieto fine per riuscire a condurre all’estremo e fino in fondo quell’amarezza su cui tutto il resto del film è imperniato.


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