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Omaret Yacoubian di Marwan Hamed

Pubblicato il 18 ottobre 2006 da Andrea Esposito


Omaret Yacoubian di Marwan Hamed

_Il palazzo Yacoubian si trova al centro del Cairo. Costruito come un grande edificio europeo, all’inizio della sua storia è una residenza per pascià e altri ricchi inquilini appartenenti all’alta società dell’epoca. Con la rivoluzione, i pascià fuggono e arrivano gli ufficiali, che occupano il palazzo insieme alle loro famiglie e alla servitù; ma la società egiziana cambia ancora, e gli ufficiali vendono gli appartamenti a nuovi inquilini. Il film racconta le storie di alcuni abitanti del palazzo, tutte rappresentative delle trasformazioni che la società egiziana si trova oggi ad affrontare.

_Omaret Yacoubian è tratto dal romanzo omonimo di Alaa El-Aswany, best seller in Egitto e in tutto il mondo arabo. L’autore affronta nel libro i problemi dell’Egitto contemporaneo: una modernizzazione fatta di corruzione e ipocrisia, l’influenza del wahabismo saudita, un potere autoritario che si fonda sulla forza della repressione. Di fronte a un presente complesso e incerto, il sistema di valori egiziano non riesce a proporre strumenti validi per uscire da quella crisi che scuote il Paese. Dal libro, un terremoto per il mondo della letteratura araba, viene tratto il film più costoso della storia del cinema egiziano, che buona parte del Parlamento chiede di bloccare per le tematiche omosessuali.

_Forse la lettura più efficace del film è quella di Peter Scarlet, direttore del Tribeca Film Festival, dove Marwan Hamed, il giovane regista di Omaret Yacoubian, vince il premio Best New Narrative Filmmaker. “Il film è un melodramma” dice Scarlet. Omaret Yacoubian infatti racconta di laceranti drammi esistenziali, grandi storie d’amore e scelte strazianti, e lo fa con un linguaggio che sottolinea tutta la portata drammatica della storia: uso smodato del ralenti, fotografia struggente, musica mastodontica. In certe scene sfiora il kitsch. Ma l’impianto melodrammatico serve ad esaltare il racconto delle grandi storie e dei grandi personaggi che compongono il film. Storie e personaggi in cui si riflette la natura più vera dei fermenti che attraversano l’Egitto contemporaneo. Omaret Yacoubian vuole essere un’epopea, un riferimento imprescindibile del panorama culturale egiziano, IL film sull’Egitto. E questo è evidente, oltre che nel budget, nelle storie dei personaggi e nei molti dialoghi che hanno come tema la realtà egiziana.

_Ogni personaggio è riccamente sfaccettato e approfondito. Le loro crisi, le loro scelte, i loro drammi sono il centro gravitazionale del film: figure pervase dalla contemporaneità e dall’urgenza storica di raccontarla. Pascià, un vecchio dongiovanni decaduto che è costretto ad accettare la vecchiaia. Occidentale nei modi e nello stile di vita, un superstite eroico di un mondo scomparso. Non è in grado di affrontare una realtà che non accetta, questo tempo che a un tratto chiamerà “l’epoca della deformità”. Poi c’è Taha, aspirante poliziotto, che entra in contatto con gli ambienti dell’islam radicale e diventa terrorista. La sua ragazza, Buthayna, che subisce in silenzio le molestie del suo datore di lavoro pur di far uscire la famiglia dalle ristrettezze economiche. Anche lei soffre di quel senso di estraneità dal presente, che non le lascia scampo (“Questo non è il nostro Paese. Siamo diventati stranieri.”). Hatim Rasheed, direttore di un giornale francese, che convive con la sua omosessualità e affronta i problemi che ne derivano. Hagg Muhammad Azzam, uomo ricchissimo, che scende in politica e si trova faccia a faccia con uno stritolante sistema di corruzione.

_La Storia che ci viene raccontata è una seria riflessione sulla modernizzazione del mondo arabo e sulle questioni vivamente contemporanee che ogni giorno ci troviamo ad affrontare. Una riflessione dall’Egitto sull’Egitto, inevitabilmente utile anche per la comprensione della nostra realtà sociale e politica. Un punto di vista sincero e coraggioso, che intende mettersi dalla parte di un’altra modernità, raccontare i tabù della propria società per cambiarla dall’interno, nello spirito e nei valori. Dice Aswany: “Nello Yacoubian Building c’è, sì, un mondo di valori che cambia pelle. Ma questi sono i sintomi. La nostra vera malattia è la mancanza di democrazia. Questa è la causa che dobbiamo rimuovere al più presto possibile. Per guarire”.



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