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Pelo Malo

Pubblicato il 25 novembre 2013 da Salvatore Salviano Miceli

VOTO:

Pelo Malo

Sono tanti i presupposti da cui nasce Pelo Malo, secondo lungometraggio di Mariana Rondòn. La realtà urbana ospita e include la storia di Junior, bambino di nove anni dai capelli ostinatamente ricci, con il sogno di farsi immortalare nella foto scolastica vestito da cantante con i capelli finalmente lisci e lunghi sulle spalle.
La include perché la Caracas che appare sullo schermo è una città caotica, dagli spazi e dagli schemi rigidi, in cui l’utopia teorizzata da Le Corbusier cozza con enormi costruzioni multi familiari, ostili a qualsiasi forma di socializzazione e libertà, e inclini alla creazione di ghetti e zone d’ombra.
Sono gli stessi casermoni che dal nord al sud caratterizzano, ormai divenuti tristi simboli, alcune tra le zone più periferiche e abbandonate delle grandi città italiane. Corviale a Roma piuttosto che Scampia a Napoli o lo Zen a Palermo, tutti luoghi frutto di una urbanizzazione che ha mostrato in modo drammatico e definivo il suo fallimento.
Il desiderio di Junior, in questa realtà violenta scandita da spari di pistola come colonna sonora, si scontra con un altro spazio fatto di incomunicabilità e assenza, quello familiare. Così, minuto dopo minuto, si fa sempre più netta e profonda la distanza con la madre che non riesce, e forse non si sforza neanche, di comprendere l’ostinazione con cui il figlio, con l’ingenuità tipica dell’età infantile, insegue il suo sogno.
Si inscrive in questo rapporto che sembra non riuscire mai a nascere, una riflessione sul senso materno, visto quasi non come un impulso innato ma come una scelta vera e propria, da compiere o meno. E nel rifiuto operato dalla figura materna, che lentamente diviene anche repulsione fisica, si nasconde la paura della diversità.
Diversità che viene letta immediatamente come ambiguità sessuale e che segna quindi un’altra paura da allontanare o da neutralizzare, ancora di più in una società in cui non esiste altra via se non quella della prevarizazione.
La Rondòn coniuga la profondità di sguardo e l’amore verso il piccolo protagonista - autore di una grande prova - con una narrazione mai pesante, dosando in modo puntuale leggerezza ed emotività.
Nonostante la serietà e la complessità dei temi trattati, Pelo Malo ha il pregio di inseguire e non tralasciare tutti i punti di vista possibili. Lo fa astenendosi da qualsiasi forma di giudizio, semplicemente accompagnando una storia che ha nell’epilogo, lucido e realisticamente cinico, una conferma delle sue qualità.


CAST & CREDITS

(Pelo Malo) Regia e sceneggiatura: Mariana Rondòn; fotografia: Micaela Cajahuaringa; montaggio: Maritè Ugàs; interpreti: Beto Benites (Junior), Nelly Ramos, Maria Emilia Sulbaràn;produzione:Sudaca Films, Imagen Latina, Hanfgarn & Ufer filmproduktion, La Sociedad Post, Artefactos S.F.; origine: Venezuela 2013; durata: 93’.


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