Roma 2008 - Summer - Alice nella città
Darren e Shaun vivono insieme. Il secondo aiuta il primo, che è finito su una sedia a rotelle. Tra loro c’è una confidenza fraterna, ma spaccona, segno di una conoscenza lunga e profonda. I due son cresciuti insieme e quando a Darren rimangono pochi giorni di vita, Shaun (interpretato dal Robert Carlyle di Trainspotting e Riff Raff) non può non tornare con la mente a quell’estate del titolo durante la quale, ancora ragazzini, persero l’innocenza e cambiarono le loro vite per sempre.
Prodotto da Ken Loach, il film trova la sua forza in una sceneggiatura capace di alternare efficamente la vita adulta dei protagonisti alla loro fase adolescenziale, usando sia i registri del dramma che quelli dell’ironia, narrando un percorso di formazione incompiuto o forse solo ritardato. I protagonisti di Summer, infatti, non sono affatto uomini risolti e risoluti, forti di un’adolescenza difficile vissuta da outsider. Da adulti, sono ancora quei loser (quasi) senza speranza che erano da bambini. Entrambi con handicap fisici, sembrano proprio non sapersi integrare in una società che non ha voluto amarli da ragazzini e che continua a far loro pagare lo scotto della diversità. Il bambino Shaun aveva problemi d’apprendimento, l’adulto Darren ha una cerrosi epatica che lo sta uccidendo. Persino l’unica figura che ha saputo avvicinarsi loro durante l’età adolescenziale, Katy - con la quale Shaun ha avuto una storia che ancora non è riuscito dimenticare - segna da adulta affermata (nel lavoro) la distanza dal mondo dei perdenti. Che sia proprio arrivato il momento della tappa ultima di un percorso di formazione iniziato tanto tempo prima e protrattosi troppo a lungo senza risultati?
Il britannico Kenny Gleenan sceglie uno stile sobrio ma efficace per questa storia piuttosto convincente soprattutto perchè capace di costruire problematicamente il rapporto tra i due protagonisti, muovendosi su tre piani temporali diversi e alternando i toni malinconici e onirici del ricordo di un’infanzia - seppur difficile e piena di errori e a maggior ragione irrecuperabile - e tutta la durezza reale e tangibile di una vita adulta fatta di stenti, ma povera di vittimismi e forte di un’amicizia tanto profonda da sembrare un rapporto fraterno.
Ma, se anche in quest’occasione ci ritroviamo alle prese con riflessioni (polemiche) a proposito di Alice nella città, questa volta non è colpa della scelta di una pellicola che seppur non brillando in eccellenza, non fa balenare continuamente nella testa il pensiero che sia il film sbagliato proiettato all’interno di un contesto (presumibilmente) sbagliato. Stavolta la polemica è forse più ad ampio raggio, e nasce dall’esperienza di fruizione di questo film all’interno di una sala ghermita da plotoni di liceali urlanti. Non ce la prendiamo con la felice idea del festival di aprire le porte anche ai giovanissimi, altresì protestiamo contro quel malcostume tutto italiano che, ancora, vuole non si conoscano le norme fondamentali di comportamento all’interno di una sala cinematografica. I quindicenni di oggi (ma forse pure quelli di ieri) non si esimono dal commentare ad alta voce ogni singolo frame passi sul grande schermo e a non permettere al cast intervenuto di parlare serenamente. Ma la colpa non è della pellicola, perché quando la fiction avanza imperterrita dimostra di saper zittire tutti o quasi, la responsabilità sta nell’abitudine ancora di moda che continua a decidere che la sala buia possa essere l’occasione adatta a creare caos, nella piena mancanza di rispetto di uno spettacolo che in quel momento si sta (ri)producendo e di cui non si avverte la sacralità. Sarà forse ora, invece di infilare semplicemente orde di ragazzini nelle sale col proposito di “sensibilizzarli” al cinema, di pensare a educare gli spettatori di domani? E’ compito sicuramente delle istituzioni, della scuola e delle famiglie, ma anche - e su questo campo abbiamo il diritto di parola- obiettivo primario delle pratiche di sostegno e diffusione cinematografica, compiti inalienabili di un festival che si fa chiamare tale.
(Id.); Regia: Kenny Glenaan; sceneggiatura: Hugh Ellis; fotografia: Tony Slater-Ling; montaggio: Kristina Hetherington; musica: Stephen McKeon; interpreti: Robert Carlyle (Shaun), Steve Evets (Daz), Rachael Blake (Katy); produzione: Cinema Two SPV2; origine: Gran Bretagna, 2008; durata: 83’