Shirin - Venezia 65 - Fuori concorso

Lascia perplessi l’ultima fatica del maestro iraniano Abbas Kiarostami, Shirin. Guardare il mondo, in questo caso il cinema, capovolgendo completamente la propria prospettiva. Un punto di vista, quello di Kiarostami, diametralmente opposto a quello che da sempre siamo abituati a vedere al cinema. Mentre, infatti, viene messo in scena un adattamento del poema persiano del dodicesimo secolo Shirin, Kiarostami, decide di puntare la propria macchina da presa sul pubblico, lasciando nel fuori campo, nel voice over l’intero dramma.
Primi piani, fissi, lenti accompagnati dal racconto, fiabesco, quasi monodico del narratore, rafforzato dalla presenza di pochi e semplici effetti sonori. L’effetto straniante della pellicola è immediato. I centoquindici volti delle attrici (centoquattordici interpreti iraniane più la partecipazione della francese Juliette Binoche), per una volta in scena come spettatrici, dovrebbero trasmettere, alternandosi sullo schermo, l’andamento alternante delle emozioni in scena. L’effetto però, passati i primi minuti di alienazione, anche a causa della prevedibile ripetitività dell’esperimento, perde di efficacia. Quella che nelle intenzioni annunciate dallo stesso regista doveva essere la realizzazione del suo desiderio di ribaltare l’obiettivo e mettere al centro della scena lo spettatore e le sue reazioni si trasforma in un mero esercizio di stile. Un tentativo estremo di espandere i limiti del cinema, oltre quelli “fisici” del fuori campo, e, paradossalmente di trasformare enfaticamente gli spettatori di uno spettacolo teatrale in quadri di una recita. Kiarostami torna sul tracciato del metalinguaggio, al cinema nel cinema, alla riflessione, estitica e sostanziale, sull’arte e sulla realtà nell’arte (come in passato in Close Up,1990; E la vita continua 1991; Sotto gli ulivi 1994) con risultati meno brillanti del passato. Come tutti gli esperimenti anche Shirin porta con se i rischi di chi si confronta con la sperimentazione. A volte rischio è sinonimo di opportunita, altre di pericoli. Forse, per Shirin, il pericolo è stato troppo alto.
Giampiero Francesca
(Shirin); Regia: Abbas Kiarostami; interpreti: Juliette Binoche, Mahnaz Afshar, Niki Karimi; origine: Iran/italia/Francia, 2008; durata: 92’
