The Sky Crawlers – Venezia 65 - Concorso

“Da qualche parte, in un mondo simile al nostro, esistono dei bambini incapaci di diventare adulti. Sono molto simili a noi...”
Questa è la frase che campeggia in testa al folgorante inizio di The Sky Crawlers. Un film sul concetto di pace, amore, guerra perennemente velato di malinconia e poesia allo stato puro.
I kildren sono piloti geneticamente modificati e dunque destinati a rimanere sempre bambini, addestrati a combattere per conto degli adulti delle battaglie aree “finte” ma con conseguenze estremamente reali. Una sorta di reality game che mette in scena paure, orrori ed emozioni vere che solo una guerra, purtroppo, può generare. Uno spaccato sui sentimenti estremi; una ferita aperta, lancinante e significativa sulle pulsioni primordiali dell’essere umano in genere.
“A cosa serve diventare adulti, se potremmo morire domani?”. Interrogativo che Yucihi Kannami (protagonista della pellicola), pone ai suoi superiori e per traslazione agli spettatori in sala, dando una visione totalmente differente di sé stesso e dei suoi compagni, eterni Peter Pan in gabbia. Vorrebbero crescere, vorrebbero conoscere una realtà diversa da quella che è stata imposta loro, vorrebbero dar sfogo in maniera libera alle proprie emozioni, ma purtroppo sono consci che la loro condizione non glielo permette, destinati a ripetere in eterno le solite gesta, vivendo vite di plastica in un mondo mistificato.
Mamoru Oshii si muove agilmente in una storia complessa e dalle mille sfaccettature che sembra un vero e proprio trattato di filosofia sulla condizione umana. Attraverso dialoghi splendidi cerca di mettere in contatto il suo pubblico con concetti estremamente inquietanti, mostrando un futuro che inaridito da conflitti, reality e spettacolarizzazione del dolore umano, tocca il proprio culmine costruendo il paradosso di bambini senza immaginazione, sogni e futuro. Il tutto con una regia minimalista (fatta eccezione per le spettacolari sequenze delle battaglie aeree) che scruta sguardi, piccoli gesti, azioni quotidiane reiterate e svuotate di significato atte, però, a disegnare in maniera efficace l’anima dei loro protagonisti. Primi e primissimi piani alternati a campi lunghi e lunghissimi di uno scenario apocalittico perennemente cesellato tra colori sbiaditi e la splendida colonna sonora di Kenji Kawai. Musica che sostituisce la parola e la carica di significato nei suoi momenti migliori. Il cuore pulsa dietro questo nuovo capolavoro di Oshii, il quale si candida ad essere (insieme al film di Demme) uno dei maggiori accreditati per la vittoria finale. Una pellicola emozionante, resa ancor più entusiasmante dal doppio finale, per il quale bisogna attendere la fine dei titoli di coda.
(Sukai Kurora) Regia: Mamoru Oshii; sceneggiatura: Chihiro Ito, tratto dall’omonimo romanzo di Mori Hiroshi; color design: Kumiko Yusa; montaggio: Takeshi Seyama; musiche: Kenji Kawai; voci: Rinko kikuchi (Suito Kusanagi), Chiacki Kuriyama (Mitsuya), Shosuke Tanihara (Dokino); produzione: Production I. G; distribuzione: Warner Bros; origine: Giappone 2008; durata: 121’.
