VENEZIA 63: L’INTOUCHABLE

Capita a volte, trovandosi in un festival con un programma variegato come quello di Venezia, di vedere sullo schermo pellicole per cui ci si chiede quale criterio abbia dettato la scelta della selezione ufficiale. Intouchable è sicuramente una di queste. Sin dalla prima inquadratura, una macchina a mano malferma che insegue la protagonista, si ha l’impressione che nulla di ciò che è in scena abbia un minimo senso. Anzi, sembra quasi che l’argomento, la messa in scena, il tono, non siano ben chiari nemmeno al regista.
Riassumere dunque la trama è impresa titanica. In sostanza, non accade nulla. Jeanne, una giovane attrice, scopre, nel giorno del suo compleanno, di esser figlia di un "intouchable" indiano. Sconvolta scappa di casa e vola in India per cercare di conoscere il proprio padre... Quella che all’apparenza potrebbe sembrare una trama semplice e lineare nei fatti assume le sembianze di una serie di eventi totalmente casuali e inorganici fra loro. Il viaggio di Jeanne si riduce ad una serie di incontri insensati e ad una catena di eventi che nulla hanno a che fare con il contesto narrato. Si passa con disinvoltura da una scena di sesso che l’attrice non riesce ad interpretare all’incontro in volo con un vecchio intoccabile, personaggio enigmatico che tale rimane, dalla cerimonia di cremazione sul Gange alla celebrazione tipica del matrimonio indiano senza che vi sia una benché minima connessione logica. Tutto ciò che appare sullo schermo sembra sconnesso e futile.
Le scelte registiche non aiutano certo lo spettatore ad immedesimarsi in quest’assurda vicenda. Dopo l’inizio movimentato Jacqout opta per una lunghissima sequenza girata interamente in un banale campo/controcampo; scelta che annoia terribilmente. Per tentare di recuperare l’attenzione dello spettatore - ormai perso - il regista sceglie nuovamente i movimenti a mano, vagamente "dogmatici", che nauseano e disturbano.
La presenza dell’attraente Isild Le Besco, per altro non particolarmente incisiva, non è sufficiente a risollevare il clima di una pellicola piatta e stancante. Il ritmo interno rimane nullo, sia nella parte francese che nel viaggio indiano. La scelta poi di raccontare l’India non attraverso situazioni da cartolina, ma nella sua parte meno nota e turistica appare decisamente poco fortunata. L’atmosfera si tinge di toni tristi e opachi che accompagnano lo spettatore in un buon sonno...
Regia e sceneggiatura: Benoit Jacquot fotografia: Caroline Champetier; montaggio: Luc Barnier; musica: Vijay Jaiswal & Monu Rao; produzione: Pyramide Productions - Sangsho; distribuzione internazionale: Pyramide Distribution; interpreti: Isild Le Besco, Berangere Bonvoisin origine: Francia, 2006; durata: 82’
