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VENEZIA 63: QUEI LORO INCONTRI

Pubblicato il 7 settembre 2006 da Matteo Botrugno


VENEZIA 63: QUEI LORO INCONTRI

I registi francesi Straub e Huillet, che vivono e lavorano in Italia ormai da anni, traggono spunto, per questo film in concorso a Venezia, da un’opera di Pavese, Dialoghi con Leucò: ventisei brevi conversazioni fra coppie di eroi della mitologia greca sulle grandi leggi che governano il mondo, dalla vita alla morte, dal senso dell’esistenza al destino. L’uscita dei Dialoghi causarono all’epoca diversi problemi all’autore, accusato di disimpegno politico poiché le tematiche affrontate puntavano a parlare dell’uomo e dei grandi misteri che lo circondano.
La profondità della sensibilità poetica di Pavese non traspare di certo da Quei loro incontri che, se da una parte è un film che conferma una forte coerenza stilistica con le precedenti produzioni targate Straub e Huillet, dall’altra finisce per irritare ed annoiare. “Quando riportiamo un nome proprio, un gesto, un prodigio mitico, diciamo in mezza riga, in poche sillabe, una cosa sintetica e comprensiva, un midollo di realtà che vivifica e nutre tutto un organismo”. Queste parole, tratte dai Diari di Pavese, lasciano intravedere la forza di una poesia incontaminata in grado di spiegare le grandi problematiche dell’essere umano. I due registi tentano di realizzare un’opera in cui a parlare non sono eroi della mitologia greca, ma gente del popolo, con l’intento di elevare a livello spirituale l’uomo ‘normale’ fondendo la sua essenza alla terra che lo trattiene a sé.
Evitando di fare inutili paragoni, ci viene comunque da pensare a come Pasolini dirigeva attori non professionisti, cui conferiva un carattere autentico di sacralità e di poesia che superava i concetti di classe e di religione, elevandoli a rappresentare l’essere umano nella sua purezza. Crialese (tanto per citare un autore contemporaneo) nel bel film Respiro, caratterizzava i suoi personaggi in modo tale da far uscire l’attaccamento alla terra madre, in quel caso la Sicilia. Straub e Huillet, optando per la fissità dello sguardo su attori non professionisti che recitano con forte enfasi teatrale (ovviamente senza riuscire nell’intento), distolgono l’attenzione dal testo, che rischia di apparire noioso quando si tratta di una vera opera d’arte. I pochi movimenti di macchina non riescono ad evidenziare quei caratteri naturalistici che avrebbero dovuto dare forza all’intensità dei dialoghi; alcune sequenze sembrano addirittura girate da un videoamatore in giro per i boschi toscani.
Probabilmente i due registi non hanno ben chiaro che il cinema deve avvicinare le persone alla letteratura, non scacciarle via; il loro modo di vedere le cose non è più rivoluzionario e anticonformista poiché, soprattutto nel caso di questo lavoro, la parola ‘coerenza’ prende sempre più il senso di ‘ripetitività’. Autorialità, forza espressiva, capacità di coinvolgimento emotivo, sperimentazione: in Quei loro incontri non c’è niente di tutto questo, rivelando come forse la recente attività della coppia di autori non sia ai livelli delle prime, fondamentali opere, come Cronaca di Anna Magdalena Bach o in altre, come Moses und Aronne, in cui la fusione fra cinema d’avanguardia e sperimentazione schoenberghiana riusciva a dare un risultato sicuramente affascinante e coerente con gli intenti degli autori.

Regia: Danièle Huillet, Jean-Marie Straub; sceneggiatura: Jean-Marie Straub, Danièle Huillet; fotografia: Renato Berta, Marion Befve Ayers, Jean-Paul Toraille Ayers; montaggio: Danièle Huillet, Jean-Marie Straub; interpreti: Andrea Balducci, Andrea Bacci, Dario Marconcini, Giovanna Daddi, Enrico Achilli, Angela Durantini, Romano Guelfi, Grazia Orsi, Vittorio Vigneri, Angela Nugara; origine: Italia 2006; durata: 68’


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