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Salt

Pubblicato il 3 novembre 2010 da Marco Di Cesare


Salt

È un gioco che vive tra passato e presente l’ultimo film diretto da Phillip Noyce, uno dei molti australiani di Hollywood, qui in una delle sue prove migliori in terra statunitense. Perché Salt è un giocattolo denso e consistente, una felice commistione di spy story e azione, immerse in tanta ironia, elementi però irrorati da una vena in cui scorre una certa sensibilità, per un film ingentilito e arricchito – seppure nella sua generale, attraente, rozzezza - dalla presenza di una donna nei panni della protagonista, la cui femminilità è divenuta una cifra preponderante per l’intera pellicola, variandola di registro e donandole una sua propria peculiarità.
Inizialmente pensata per un uomo, la sceneggiatura è stata riscritta dal suo autore Kurt Wimmer per venire incontro alla sopravvenuta presenza di Angelina Jolie, cui sono stati offerti i panni di Evelyn Salt, agente operativo della CIA accusata di essere una doppiogiochista facente parte di una cellula terroristica russa, nata ai tempi dell’Impero sovietico, il cui obiettivo è quello di destabilizzare i rapporti di buon vicinato instauratisi negli ultimi decenni tra le due superpotenze nucleari. Ancora, l’idea centrale del film ruota attorno alla presenza, su suolo statunitense, di spie ex-sovietiche, perfettamente mescolate con la popolazione che le accoglie e che, tra l’altro, occupano posizioni cruciali all’interno del sistema ospite; si tratta di persone sin dall’infanzia istruite dalla grande madre Russia e che hanno aspettato anni e anni, in attesa dell’ordine per dare vita al cosiddetto ’Giorno X’.
Se sia o no una leggenda, oppure se sia una storia con elementi di fondatezza, non è forse neanche possibile immaginarlo. Tuttavia l’idea degli agenti dormienti non può non riportare agli archetipi sull’inconoscibilità dell’Altro e sullo straniero che turba la quieta tranquillità borghese d’ogni giorno. E, al di là di certe connotazioni storiche e politiche legate a un passato non troppo lontano - al Comunismo sovietico - di Salt rimane impressa la volontà di portare in scena individui che vengono svuotati dell’essenza più profonda, della loro capacità di decidere, sin dall’infanzia educati attraverso metodi che coincidono con la coercizione e il lavaggio del cervello, fino all’espropriazione, oltre che della mente, anche del proprio corpo. Sotto questo punto di vista, poi, rimane difficile non pensare a due grandi opere d’arte dell’epoca classica di Hollywood, ossia La cosa da un altro mondo di Howard Hawks e L’invasione degli Ultracorpi di Don Siegel.
E Salt, nonostante spinga in modo sostenuto sull’acceleratore dell’action movie, è arricchito di un lato umano, mostrando persone che hanno bisogno di fidarsi dell’altro e, conseguentemente, anche la messa in opera del tradimento di tale fiducia, la quale viene messa alla prova da menzogne e doppi giochi. Tuttavia la possibilità di potere tornare allo status di ’individuo’ passa per il lato femminile (che, oggi come oggi, non è in antitesi con una fisicità legata alla lotta e alle arti marziali) e l’amore (il quale, al cinema, ancora oggi è strettamente legato al primo, anche se, forse, senza distinzione di sesso). In effetti si pensi non solamente alle figure di eroine forti e violente cui negli ultimi anni il piccolo e il grande schermo ci hanno abituati (da Uma Thurman-The Bride in Kill Bill a varie interpretazioni di Milla Jovovich, fino alle whedoniane Buffy ed Echo), ma anche a quegli episodi di ’femminilizzazione’ della saga di James Bond e, perciò, di affioramento dell’elemento umano: ossia Agente 007 - Casino Royale del 2006 e Al servizio segreto di Sua Maestà del 1969, in assoluto due delle migliori pellicole con l’agente britannico, film che lo videro infelice a causa di una sola donna e, perciò, dell’amore; ed entrambi, purtroppo, sono rimasti casi isolati all’interno della filmografia bondiana.
Mentre evidentemente è proprio Evelyn Salt (che è stata cambiata dall’amore che il marito Mike nutre per lei) a rappresentare una nuova incarnazione di 007, seppure generalmente diversa dall’originale, per un film che avvicina tra di loro una riproposizione del passato e uno sguardo moderno. Laddove nel presente, nella realtà al di fuori dello schermo, la fanno da padrone le vicende di Anna Vasil’yevna Kushchyenko (altresì conosciuta col nome di Anna Chapman), divenuta centro di un’attenzione globale ma, anche, simbolo della perdita di un’aura mitica che, almeno un tempo, si pensava potesse glorificare il profilo delle spie internazionali.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Phillip Noyce; sceneggiatura: Kurt Wimmer; fotografia: Robert Elswit; montaggio: Stuart Baird e John Gilroy; musica: James Newton Howard; interpreti: Angelina Jolie (Evelyn Salt), Liev Schreiber (Ted Winter), Chiwetel Ejiofor (William Peabody), Daniel Olbrychski (Orlov), August Diehl (Mike Krause); produzione: Columbia Pictures, Relativity Media e Di Bonaventura Pictures; distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia; origine: USA, 2010; durata: 100’; web info: sito ufficiale.


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